La Cina sta importando volumi record di petrolio sfruttando greggio russo a buon mercato, al fine di costruire scorte ed esportare prodotti raffinati. L’aumento delle importazioni di petrolio a livelli record si inserisce in un’economia non stabile: nonostante ciò, approfittando delle sanzioni imposte alla Russia, Pechino sta costruendo scorte. Questo dimostra come quanto accaduto nell’ultimo anno e mezzo sia rimodellando in maniera importante i mercati petroliferi globali. La Cina, in particolare, ottiene un doppio vantaggio dal greggio a buon mercato per sé e l’opportunità di incrementare le esportazioni.
Per la prima metà del 2023, la Cina ha importato 11,4 milioni di barili al giorno di greggio, in aumento dell’11,7% su base annua e del 15,3% rispetto ai livelli pre-Covid, come spiega il Financial Times analizzando i dati doganali. “La risposta breve è che le scorte di greggio sono state accumulate in Cina”, ha affermato Mukesh Sahdev, capo del commercio di petrolio presso Rystad Energy, un gruppo di ricerca. Come spiegato dall’esperto, “Stanno importando per il futuro…”. La Cina ha importato 2,57 milioni di barili al giorno di greggio russo il mese scorso, battendo un record stabilito a maggio, secondo i dati ufficiali mostrati ieri. Inoltre, nella prima metà del 2023, la Cina ha importato 2,13 milioni di barili al giorno di petrolio dalla Russia, davanti a 1,88 milioni di barili al giorno dall’Arabia Saudita. La Russia è il principale fornitore di greggio alla Cina finora quest’anno.
Sconto sul petrolio russo
Michal Meidan, responsabile della ricerca energetica in Cina presso l’Oxford Institute of Energy Studies, ha minimizzato la narrativa sulla sicurezza. “C’è certamente la percezione in Cina che l’ambiente esterno si stia deteriorando e si stiano preparando per le sanzioni, ma questo è stato il sottotesto per anni”, ha spiegato. Come mostrano i dati doganali della Cina, importazioni russe di petrolio sono state più economiche di quelle provenienti da altri paesi Opec+ dall’inizio della guerra in Ucraina.
Rispetto al prezzo unitario del greggio dell’Arabia Saudita, il petrolio russo ha goduto di uno sconto di 9 dollari al barile a fine 2022 e di 11 dollari al barile a giugno.
Gli analisi, però, hanno notato che lo sconto sul petrolio russo era inferiore a quello sui prodotti iraniani o venezuelani. “Non credo che la Cina andrà all-in sulla Russia”, ha detto Meidan. “Si tratta di un allontanamento a breve termine dalle materie prime saudite. I cinesi sono piuttosto desiderosi di mantenere un equilibrio tra i loro fornitori” ha spiegato ancora l’esperto al Financial Times. C’è un forte incentivo per le raffinerie cinesi a mantenere la produzione, dato il loro vantaggio di margine di ben 3 dollari al barile rispetto ai rivali asiatici.