Quasi un milione di bambini tibetani vivrebbe un vero e proprio dramma in Cina nei collegi scolastici, dove viene imposta loro una disciplina rigidissima, che quasi nega il contatto con le famiglie, e una qualità dell’istruzione mediocre. Ad accendere i fari sulla questione è stato il quotidiano francese “Libération”, che ha spiegato che, da quando Xi Jinping è salito al potere, è stato imposto all’80% dei bambini della scuola primaria e, dall’anno scorso, ad alcuni alunni dell’asilo (dai quattro anni in su) di frequentare questi collegi.



“L’obiettivo è che gli studenti di tutte le minoranze etniche studino in una scuola, vivano in una scuola e crescano in una scuola per raggiungere la stabilità a lungo termine del Paese”, ha stabilito il Consiglio di Stato cinese nel 2015. Di fatto, osserva il quotidiano transalpino, l’obiettivo di Xi è quello di “distruggere la storica concezione multietnica della Repubblica Popolare Cinese, che alla sua fondazione nel 1949 contava circa 400 popoli, di cui 55 ufficialmente riconosciuti, e di trasformarla in una nazione ultranazionalista Han, l’etnia maggioritaria della Cina”. Per questo motivo la Cina ha “raso al suolo gli asili pubblici e le scuole elementari dei villaggi tibetani e chiuso i centri educativi dei monasteri e le scuole private”.



BAMBINI TIBETANI CHIUSI IN COLLEGI SEMI-MILITARI DALLA CINA: “VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI”

L’avvocato ed esperto di diritti delle minoranze Fernand de Varennes, relatore speciale delle Nazioni Unite, ha detto a “Libération” che “se si insegna a un bambino in una lingua che non è la sua prima lingua, ciò influisce sulle sue capacità di lettura e matematica e sul suo rendimento scolastico. Anche se ci possono essere delle eccezioni, questo pone i bambini tibetani in una posizione di svantaggio, con molti che abbandonano la scuola e arrivano a occupare i gradini più bassi della scala sociale”. Un modo per la Cina di soddisfare l’enorme bisogno di manodopera a basso costo e poco qualificata nei settori dell’edilizia, del tessile, della sicurezza e delle pulizie.



Tuttavia, l’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani, l’ONG Human Rights Watch e il Tibet Action Institute sono riusciti a raccogliere numerosi documenti e testimonianze nel rapporto “Separati dalle loro famiglie, nascosti dal mondo”, pubblicato nel dicembre 2021 dal Tibet Action Institute, dimostrando che la vita in questi collegi è particolarmente difficile, con una disciplina “semi-militare”. In particolare, le giornate sono risultate essere molto impegnative, con compiti a casa e punizioni, anche corporali, e lavaggio del cervello. L’assistenza sanitaria e le condizioni igieniche sono molto scarse, soprattutto per le ragazze, la comunicazione telefonica con i genitori è limitata o vietata, così come le pratiche religiose. Inoltre, la qualità dell’istruzione è inferiore alla media. Una politica che vìola la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ma Pechino ha contestato l’entità del fenomeno, senza fornire alcun dato. Non ha negato, però, che i bambini vengano allontanati dai genitori, assicurando che “è per il loro bene”.