Nuova accusa contro la Cina in materia di Coronavirus, con il paese del Dragone che avrebbe provveduto ad acquistare un ingente quantitativo di tamponi mesi prima dello scoppio della pandemia di Covid-19. È quanto afferma una società di sicurezza informatica australiana, denominata “Internet 2.0”, secondo cui le forniture di test molecolari sarebbero state incrementate in tempi decisamente anteriori alla comparsa del virus SARS-CoV-2 sulla scena asiatica e internazionale.



Il report, reperibile a questo link, spiega che i primi sospetti sono sorti in occasione di alcune gare d’appalto pubbliche realizzate in landa cinese nel 2019. Ex funzionari dei servizi segreti hanno incrociato dati e informazioni, giungendo alla scoperta: nell’ultimo anno prima della pandemia, la Cina ha speso 64,7 milioni di yuan per l’acquisto di tamponi, cifra pari al doppio rispetto a quella investita l’anno precedente per la stessa fornitura. Il vero e proprio boom, tuttavia, sarebbe iniziato già nel mese di maggio, con otto mesi di anticipo rispetto al primo caso sintomatico di Covid-19 individuato dalle autorità orientali (8 dicembre).



CINA, BOOM DI TAMPONI MESI PRIMA DELLA PANDEMIA. INTERNET 2.0: “ORDINATIVI FATTI DA…”

Sempre dal report di Internet 2.0 si scopre che i tamponi, pur essendo utilizzati non soltanto per il Coronavirus, sono stati comprati in una maniera decisamente insolita, per modi, tempi e importo totale dell’acquisto. Secondo la società oceanica, dunque, questo sarebbe un inequivocabile segnale del fatto che l’epidemia potrebbe essere divampata nell’Hubei molto prima rispetto a quanto dichiarato da Pechino.

In particolare, a far aumentare il numero degli ordinativi pare siano state le università e il Chinese Center for Disease Control and Prevention, ma non solo: un ruolo determinante in tal senso viene rivestito anche ldall’esercito di liberazione popolare. Secondo il dossier, il coinvolgimento di questi enti sarebbe un indizio del fatto che “l’aumento degli acquisti sia stato molto probabilmente legato all’emergere del Covid-19 nella provincia dell’Hubei”. Pur essendo questa un’accusa fatta direttamente dall’azienda australiana nei confronti della Cina, è bene ribadire come questa versione dei fatti debba essere eventualmente confermata e al momento si basi esclusivamente su un report autonomo.