La Cina dallo scoppio della guerra tra Israele e Hamas ha reso palese al mondo internazionale il doppio standard che applica, in generale, in qualsiasi questione rilevante, ma soprattutto in questo contesto nei confronti della comunità islamica. Secondo diversi commentatori, come fu in occasione dello scoppio della guerra tra Russia e Ucraina, la volontà del governo cinese è quella di posizionarsi in controtendenza rispetto al resto dell’Occidente, appoggiando la parte considerata “colpevole”.
Come fu per il sostegno alla Russia, infatti, la Cina dal 7 ottobre non ha mai preso una posizione precisa nei confronti del conflitto in Medio Oriente, ribadendo a più riprese, però, che occorrerebbe ascoltare anche le ragioni di Hamas. L’ha ribadito, recentemente, Chen Weihua, del China Daily, con un post su Twitter in cui sottolinea che “le catastrofiche vittime e sofferenze civili da entrambe le parti del conflitto hanno sconvolto il mondo intero. Ciò che è spaventoso è anche l’ipocrisia e il doppio standard esibito da molti leader e media occidentali” che “non hanno perso occasione per accusare altri paesi di aver commesso genocidi”, ma che non hanno fatto lo stesso nei confronti di Israele. Insomma, in altre parole la Cina ritiene che sia presto dare ragione ad Israele, che sarebbe colpevole di diversi crimini di guerra contro Hamas e la popolazione di Gaza.
La Cina tra sostegno ad Hamas e discriminazione degli Uiguri
Limitatamente al supporto della Cina alla causa palestinese, però, la questione potrebbe sembrare anche coerente e parte di una precisa strategia. Tuttavia, nell’equazione va inserito anche il trattamento che Pechino starebbe riservando ai cosiddetti Uiguri, ovvero l’etnia turcofona di religione islamica che risiede nella parte più ad Est del territorio cinese, nella regione dello Xinjiang, definita dalla stessa etnia una “prigione a cielo aperto“.
Gli Uiguri, infatti, sono ampiamente discriminati in Cina da parte del governo, che li costringe ai lavori forzati per la raccolta di cotone, e che ha istituito una “scuola di rieducazione” per i musulmani. Una situazione certificata anche dall’Alto commissario per i diritti umani dell’ONU che da anni raccoglie le storie degli Uiguri discriminati e segregati. Inoltre, solo una settimana fa 51 paesi dell’ONU hanno votato a favore di una risoluzione di condanna dei crimini che la Cina sta commettendo nei confronti egli Uiguri, chiedendo a Pechino la fine delle “sistematiche violazioni dei diritti umani” che si registrano nello Xinjiang.