Mentre il mondo guarda (anche giustamente) ai fatti incresciosi di Washington, la più forte potenza economica mondiale, ovvero la Cina (accresciuta dopo la pandemia nata proprio in quei confini), pubblica un rapporto sullo stato di condizione della regione Xinjiang dove è noto vive la minoranza religiosa musulmana degli uiguri. Nel più totale silenzio dei media mondiali – e nella paradossale ma tipica totalitaria “candida” indifferenza delle autorità cinesi – viene presentato il rapporto sul cambiamento della popolazione nello Xinjiang pubblicato “Centro di ricerca sullo sviluppo dello Xinjiang”.



La regione autonoma – ma sotto forte egida comunista, come tutto quanto controllato a “distanza” dalla Cina – non da oggi è tristemente famosa per gli oltre 300 campi di rieducazione-detenzione della popolazione uiguri, con la repressione e le torture più volte messe all’attenzione negli scorsi anni di associazioni umanitarie, della Chiesa Cattolica e di alcuni (sparuti) Governi occidentali. Fatta questa lunga premessa, ora sarà forse più chiaro l’inquietante messaggio dato dal Governo cinese in merito al rapporto presentato sullo Xinjiang: «La diminuzione del tasso di natalità e del tasso di crescita naturale della popolazione nella regione autonoma dello Xinjiang Uygur nel 2018 è il risultato dell’eradicazione dell’estremismo religioso». Nelle immagini che accompagnano il rapporto – pubblicato da China Daily – si vedono bambini giocare nelle definite “comunità residenziali” costruite quest’anno, nient’altro che campi di rieducazione dove il lavaggio del cervello è quotidiano per sradicare la componente religiosa definita “estremismo”.



L’ORRORE DELLA REPRESSIONE CINESE

In sostanza, il Governo dello Xinjiang reputa un grande risultato per l’autonomia e l’emancipazione femminile l’aver «sradicato l’estremismo religioso» dalle donne uiguri: del resto, se pensiamo che la Cina è componente della Commissione Diritti Umani dell’ONU, l’importanza e l’attenzione per la parità di genere e l’autonomia femminile sono proprio tra i cardini centrali delle Nazioni Unite. La Cina più volte ha bacchettato gli Stati occidentali – come gli Usa – per la mancanza di attenzione e riguardo sulla parità di genere: peccato che poi la stessa Commissione che dovrebbe tutelare i diritti umani si scorda sempre di sottolineare come sia stata ottenuta questa presunta “autonomia femminile”: «l’estremismo ha incitato le persone a resistere alla pianificazione familiare e la sua eliminazione ha dato alle donne uiguri maggiore autonomia nel decidere se avere figli», spiega in maniera inquietante il rapporto dello Xinjiang.



La stessa ONU si “dimentica” di controllare, ad esempio, che quello “sradicamento” definito come una vera liberazione dai cinesi, è avvenuto attraverso gli aborti e la sterilizzazione forzata della popolazione uiguri rinchiusa nei campi di “rieducazione” statali. Nel rapporto si ricorda inoltre che con l’ulteriore promozione della riduzione della povertà, «le condizioni di vita e di produzione nelle aree più povere del sud della regione autonoma sono notevolmente migliorate e il processo di urbanizzazione è evidentemente accelerato». Insomma, tolta la religione e tolto quell’insignificante dettaglio della libertà, si sta meglio, le donne sono più autonome e la qualità della vita è cresciuta e divenuta su standard (cinesi) ottimali. Non c’è che dire, le Nazioni Unite saranno molto soddisfatte di questi risultati: i bambini non nati, le famiglie che hanno ricevuto il lavaggio del cervello e le donne torturate, in fondo, cosa volete che siano davanti alle “grandi conquiste” della civiltà (totalitaria)…