Federico Rampini

, giornalista esperto di politica internazionale, è intervenuto sull’edizione odierna del quotidiano “Libero” per analizzare la situazione connessa alla Cina e alle ambizioni di Xi Jinping, sottolineando come la sterzata autoritaria di Xi Jinping sia nata per motivazioni interne, ossia “combattere la corruzione dilagante nel partito comunista e le spinte centrifughe dei potentati locali. Verso il resto del mondo viene giustificata proiettando l’immagine di una leadership decisionista capace di realizzare piani di lungo termine, in contrasto con l’instabilità caotica delle democrazie”.



Secondo Rampini, c’è chi ha volutamente minimizzato la pericolosità della Cina perché “aveva interesse a farlo. Altri in Occidente hanno creduto in buona fede alla propaganda sulla Cina come potenza pacifica e interessata solo agli affari. È la favola del win-win, del gioco a somma positiva, che ci hanno raccontato per decenni i cinesi per guadagnare tempo. Ora che i rapporti di forze sono più favorevoli a Pechino, Xi ha gettato la maschera ed è sempre più aggressivo”. Insomma, Pechino vuole governare il mondo e, come evidenzia lo stesso intervistato, nel lungo periodo “non potremo fermare una nazione-civiltà che ha un miliardo e 400 milioni di persone e 3.500 anni di storia, durante i quali è stata spesso più avanzata di noi”.



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RAMPINI: “CINA HA AMICI IN ITALIA, MA CHI SFRUTTA IL SUO MERCATO PAGA UN PREZZO POLITICO”

Nel prosieguo della sua chiacchierata con i colleghi di “Libero”, Rampini ha acceso i riflettori sulle amicizie italiane della Cina, individuandole in D’Alema, Grillo e Prodi. Il giornalista ha spiegato che ogni superpotenza imperiale ha sempre amici e alleati nelle colonie o aspiranti tali, ma “l’elenco di quei tre nomi è troppo eterogeneo per rappresentare un partito cinese in Italia. Il Movimento Cinque Stelle ha avuto un ruolo chiave nella firma del governo Conte I al Memorandum delle Nuove Vie della Seta. Fu un gesto che suscitò sospetti a Washington, senza veri benefici per l’Italia che continua a ricevere meno investimenti cinesi rispetto a Germania, Francia, Inghilterra”.



Prodi e D’Alema, a detta di Rampini, sono convinti che l’Italia debba fare una sua realpolitik, seguire i propri interessi, prevalentemente economici, e sviluppare relazioni con la Cina ignorando i richiami degli Usa: “Si tratta di una visione dell’Europa come terza forza che non si lascia coinvolgere dalla nuova guerra fredda, ma chi crede di sfruttare il mercato cinese senza pagare un prezzo politico, s’illude”. In questo momento, la nostra politica estera sembra inesistente e anche il presidente del Consiglio, Mario Draghi, pare occuparsene poco, ma “ora lui deve occuparsi delle fondamenta. Speriamo che ci riesca”.