La Cina ha centri di detenzione anche all’estero”, questa la denuncia di Wu Huan. La ventiseienne di etnia han ha rivelato di essere stata prelevata da un hotel di Dubai, dove si trovava insieme al fidanzato, e di essere stata trasportata e reclusa in una villa adibita a prigione.

Se confermate, le dichiarazioni di Wu Huan – rilasciate in un’intervista ad Associated Press dello scorso 16 agosto – rappresenterebbero la prima accusa ufficiale alla Cina di questo genere. L’esistenza dei “siti-neri” nel Paese, infatti, è ormai acclarata, ma della presenza di questi ultimi anche all’estero non ci sono ancora conferme vere e proprie. Essi, in particolare, verrebbero utilizzati per rimpatriare con la forza i connazionali ricercati che si trovano al di fuori dei confini. Il Ministero degli Esteri cinese, da parte sua, sostiene che la notizia sia assolutamente falsa.



Cina ha centri di detenzione all’estero: il racconto di Wu Huan

Il rapimento, in base al racconto di Wu Huan, sarebbe avvenuto il 27 maggio scorso a Dubai. La ragazza è stata raggiunta dalle autorità locali nell’hotel in cui alloggiava e trattenuta prima nella stazione di polizia locale e dopo in una villa adibita a prigione, gestita da funzionari cinesi. Lì, inoltre, avrebbe incontrato anche altri due connazionali di etnia uigura, anch’essi reclusi. Dopo otto giorni è stata rilasciata.



I funzionari cinesi presenti nella prigione avrebbero minacciato la ventiseienne affinché denunciasse il fidanzato, Wang Jingyu, per aggressione. Il diciannovenne di etnia han è ricercato nel Paese di origine perché avrebbe messo in dubbio la copertura sui media delle proteste di Hong Kong del 2019 e le azioni cinesi durante gli scontri di confine con l’India. Lo scorso 5 aprile era stato arrestato. Soltanto l’11 giugno, dopo il presunto rapimento, i due si sono rincontrati ed hanno denunciato la questione alle associazioni dissidenti.

Cina ha centri di detenzione all’estero: l’ipotesi

L’ipotesi che la Cina abbia centri di detenzione all’estero non è escludibile, seppure il Ministero degli Esteri abbia negato ogni accusa. In particolare, la portavoce Hua Chunying ha sostenuto che Wu Huan Wang Jingyu hanno liberamente lasciato il Paese tre mesi fa. Non è difficile, tuttavia, credere che il Governo stia mettendo in atto la propria influenza al di là dei confini per far rimpatriare i ricercati.



Alcuni attivisti hanno confermato che a Dubai diversi uiguri – nei confronti dei quali sono indirizzate le politiche di repressione – e non sono sarebbero stati interrogati e successivamente espatriati in Cina. I “siti-neri”, dunque, sarebbero realmente presenti nella città. Patrick Theros, ex ambasciatore statunitense, al contrario, ritiene che le accuse mosse agli Emirati Arabi siano totalmente “insolite” nonché “prive di senso”.