Ai tempi della pandemia, più volte ci è capitato di citare il tema del “grande fratello” orwelliano per descrivere alcune inquietanti assurdità che – dall’Europa al resto del mondo – venivano “propinate” (se non imposte) alla singolo cittadino: ecco, delle vere e proprie inezie di fronte al controllo che il Partito Comunista in Cina esercita su tutte le “libertà” nel suo vasto Paese. Ben sappiamo purtroppo come in Cina non esista una vera e propria libertà di stampa, la comunicazione social è sempre “mediata” dal Partito e sul fronte lavoro, religione, politica non è che le cose vadano chissà quanto meglio: l’ultima “novità” che avrebbe fatto impallidire il “1984” di George Orwell è stata lanciata nelle scorse settimane e vede ancora il conto dei nuovi media come obiettivo principale.
Il cyber-regolatore in Cina ha lanciato una “hotline” – linea diretta – per segnalare in rete le critiche e i commenti contro il Partito Comunista e la sua storia: in special modo, l’invettiva del regime è particolarmente diretta a chi osa mettere in dubbio la storia del partito (e dunque della Cina) prima del 100esimo anniversario dalla fondazione. Il CAC (l’ente “regolatore” del web, leggasi anche organo di censura) instaurando l’hotline in rete «consente alle persone di segnalare i colleghi utenti di Internet che distorcono la storia del partito, attaccano la sua leadership e le sue politiche, diffamano gli eroi nazionali e “negano l’eccellenza della cultura socialista avanzata”».
IL “GRANDE FRATELLO” DELLA CINA: NON ESISTE NULLA OLTRE IL PARTITO
L’avviso del Governo cinese per giustificare l’ennesima intromissione nelle libertà dei cittadini recita così: «Alcuni con secondi fini… hanno diffuso online false rappresentazioni nichiliste storiche, distorcendo, denigrando e negando maliziosamente la storia del partito. Ci auguriamo che la maggior parte degli utenti di Internet svolgerà attivamente la propria parte nella supervisione della società… e segnalerà con entusiasmo informazioni dannose». Chapeau per la scelta delle parole e per quel “entusiasmo” professato e intimato nei cittadini cinesi che avranno ovviamente “ampi margini di libertà” nell’accettare il “consiglio” del Partito. Minaccia classica di stampo “mediatico”? Non proprio, più una sempre riaffermata logica ferrea cinese del tipo “colpirne uno per educarne cento”: il Guardian ha riportato negli scorsi giorni di un incredibile arresto nella provincia cinese orientale del Jiangsu ai danni di un 19enne. L’accusa? Ha rilasciato commenti online “offensivi” sull’occupazione giapponese di Nanchino nel 1937. Tutto viene controllato e tutto avviene alla “luce” del sole, visto che la Cina siede al momento nel Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu: un esempio? Il sistema diabolico dei “crediti sociali” ricordato di recente da un ottimo editoriale del Corriere del Ticino: si tratta di un sistema di punteggio «del “buon cittadino cinese”, del “patriota”; di chi segue le direttive del Partito Stato. Passo con il semaforo rosso? Perdo 50 punti. Dono il sangue? Più 45 punti. Disturbo gli altri passeggeri in treno? Addio 25 punti. Partecipo a un evento organizzato dal governo cittadino? 40 punti […] Non pago le bollette in tempo? Spariscono 35 punti […] I “bravi cittadini” (categoria A) vengono premiati con sconti sulle bollette […] I “cattivi” (categoria D), invece, incorrono in sanzioni come il divieto di acquisto dei biglietti di treni e aerei e il mancato accesso ad alcuni impieghi statali». Fosse vivo oggi, Orwell ne avrebbe di materiale a disposizione…