Milioni di aborti forzati, anche con il ricorso a pratiche orribili come quelle di strappare dalle viscere il figlio ormai quasi nato a donne al nono mese di gravidanza, o licenziamento immediato se si scopriva che un padre aveva più di un figlio: così è stata la pratica della politica del figlio unico, imposta nel 1979 in Cina con l’idea, dimostratasi poi fallimentare, che troppi bambini avrebbero messo in crisi il sostentamento della nazione.



Non è che in Occidente ci si è comportati in modo molto diverso (pratiche violente a parte), seguendo una mentalità identica, che ha preso piede partendo dall’assunto “troppa gente al mondo, non potremo mantenerli tutti”. Soprattutto nei paesi del Terzo mondo, dove la natalità è stata sottoposta a controlli ferrei da parte di organismi internazionali come l’Onu. Già nel 2016 la Cina, accortasi che la popolazione invecchiava senza un adeguato ricambio, aveva permesso di avere un secondo figlio. Ma il baby boom non si è verificato.



Oggi che il quadro si è fatto drammatico viene consentito anche il terzo figlio. Come ci ha spiegato Francesco Sisci, sinologo ed ex corrispondente de La Stampa dalla Cina, “è una situazione che ricorda quella italiana. In Cina manca completamente una politica sociale a sostegno della famiglia, scuole e sanità sono a pagamento, costo delle case in continua ascesa, figli visti come intralcio alla carriera”.

Nonostante la riconversione della politica del figlio unico, in Cina non si è verificato il boom di nascite che il governo si aspettava. Sarà così anche adesso, con la possibilità di fare tre figli? Quali sono i maggiori problemi delle famiglie cinesi?



In Cina ormai sta succedendo quello che accade in tutte le società avanzate, sebbene quella cinese sia ancora una società semi-avanzata: i bambini costano. Si fanno quando non costano e non ti devi preoccupare se vivono o muoiono, detto in modo diretto. Se invece devi pensare a mandarli a scuola, a curarli, a vestirli, allora la gente comincia a fare due conti.

Ma la Cina, in quanto sistema comunista, non offre i principali servizi gratuitamente, pagati dallo Stato?

No, in Cina tutti i servizi, dalla scuola alla sanità, sono stati sempre a pagamento. Tuttavia, mentre prima i bambini avevano una scuola e una sanità appena sufficienti, e la cosa non importava a nessuno, oggi, visto che per 40 anni è stata imposta la politica del figlio unico, tutti hanno voluto il meglio per il proprio figlio. Gli ospedali e le scuole offrono servizi sempre migliori, di alta qualità, cosa che incide poi sui costi crescenti della sanità e dei servizi legati ai bambini.

Un problema di denatalità che ricorda quello che avviene in Occidente?

In Cina i bambini costano come da noi e forse più che da noi. Come in America, sanità e istruzione non sono gratuite. Secondo aspetto: ancor più che in Occidente, in questi decenni di mancanza di figli, i bambini sono diventati dei super tesori, sono oggetto di mille attenzioni e quindi di spese elevate.

In che senso?

Vengono mandati a scuola, cercando di dar loro istruzione e cibi speciali, perché con pochi bambini quelli che ci sono diventano socialmente importanti.

C’è ancora disparità tra la campagna e le grandi metropoli in questo senso?

Chi vive nelle grandi città non fa figli, i tre figli saranno qualcosa che potranno permettersi coloro che sono molto ricchi. Farà invece figli chi vive in campagna, dove ci saranno problemi diversi con livelli di istruzione e dei servizi sanitari non certo equivalenti a quelli delle città. Non sappiamo che impatto avrà sul lungo termine questa politica dei tre figli: si mette in moto una macchina sociale molto complessa.

Ci sarà una riforma del sistema sociale, del welfare?

Ci sono vari problemi, come lo spopolamento di grandi regioni e la qualità del lavoro, che potrebbero colpire la Cina. Ci sarà bisogno di misure di sostegno. Se si vuole davvero incoraggiare la natalità, bisogna pensare a offrire degli aiuti alle famiglie, di garantire una scuola e una sanità gratuite. Siamo in un momento in cui forse la Cina deve pensare non solo ad allargare la politica demografica, ma le politiche di sostegno dei figli.

Un po’ come in Italia, dove non è mai esistita una vera politica di sostegno della famiglia?

Esatto. In Italia il problema non si pone, perché abbiamo una immigrazione che al momento supplisce alla mancanza di figli, e si è trovato un certo equilibrio. In Cina non c’è immigrazione.

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