Quanto può essere forte il desiderio di una donna, sebbene single, di avere figli? Ma cosa fare se ci si scontra con regole troppo rigide per comprendere a fondo la limitazione alla propria ‘libertà riproduttiva’? Il Financial Times ha voluto raccontare a tal proposito la rigida realtà della Cina, che pone un diktat sulla possibilità di avere figli: no al congelamento degli ovuli o alla fecondazione in vitro per le donne single. Ma lo stesso criterio non è usato sugli uomini single, che al contrario possono congelare il loro sperma.
È evidente una disparità di genere. E per riappropriarsi della propria libertà le donne single si recano a Hong Kong, dove possono affrontare il trattamento alla fertilità che meglio credono, senza preconcetti o limitazioni legati alla condizione di ‘singletudine’. Ma quali motivazioni sarebbero sottese all’autoritarietà di Pechino? Secondo il principale funzionario sanitario cinese la troppa facilità con cui si ricorrerebbe al congelamento degli ovociti creerebbe un incentivo a ritardare la gravidanza. Da qui la necessità di limitare la procedura.
Tesi contrarie a Pechino sulla fertilità delle donne single
Da un lato una triste situazione demografica, che vede un sempre maggiore calo delle nascite in Cina, e dall’altro il posticipo della maternità alla ricerca del giusto partner. Questi due fenomeni sono strettamente connessi tra loro. Ma la Cina per affrontare il problema sembra utilizzare una politica ricca di contraddizioni, prevedendo sussidi per le coppie che hanno più di un figlio, ma limitando il congelamento degli ovuli alle sole donne sposate. Di parere contrario al governo cinese alcuni medici ginecologi, i quali riterrebbero che ampliare l’accesso ai trattamenti sulla fertilità potrebbe aumentare il tasso di natalità consentendo anche alle donne anziane di avere figli. “Non ci sono prove che dimostrino che le donne ritardino ad avere figli a causa della disponibilità di congelamento degli ovuli. Ritardano la gravidanza per ragioni socio-economiche e psicologiche”, ha detto Lucy Lord, ostetrica e ginecologa con sede a Hong Kong. La proposta è stata avanzata in occasione di una riunione tenutasi tra i principali responsabili politici del paese. Non sembrano però esserci segnali positivi di un accoglimento delle idee.