La Cina rappresenta una minaccia per l’Europa e, in generale, per qualsiasi Paese del mondo: parola di Joey Siu, 22enne dissidente di Hong Kong che si sta battendo anima e cuore per la democrazia e per ribellarsi all’oppressione esercitata dal Paese del Dragone. Intervistata da Giovanni Terzi insieme a Laura Hart, membro del Comitato Globale per lo Stato di Diritto “Marco Pannella” e liaison regionale per l’assemblea inter-parlamentare sulla Cina (IPAC), la giovane ha subito parlato del suo cortometraggio “Do not split”, nominato agli Oscar e bannato da Pechino: “La decisione del Partito Comunista Cinese di vietare la proiezione di ‘Do Not Split’ sia a Hong Kong che nella Cina continentale mette in mostra il forte timore di Pechino che il suo popolo possa sapere cosa è successo e quanto sta accadendo nella comunità internazionale. Inoltre, è anche una evidente illustrazione della continua e crescente oppressione a Hong Kong”.
Secondo la ragazza, Hong Kong sarà bandita dai contatti con il mondo esterno, dalle informazioni fornite dai media esterni e dalla comunità internazionale, in quanto il PCC “lavora intensamente per imporre il proprio ordine mondiale senza rispetto per i diritti umani, la democrazia o la libertà. Credo che il mondo stia iniziando a rendersene conto, ma non abbiamo ancora fatto abbastanza per formulare delle politiche che possano effettivamente contrastare questa espansione”.
“CINA, IL DRAMMA DI HONG KONG”
Come raccontato da Joey Siu a “Libero Quotidiano”, contro la Cina i cittadini di Hong Kong hanno iniziato a protestare sin dal 2019, ma a poco a poco è diventato molto difficile o addirittura impossibile scendere in piazza o partecipare a qualsiasi tipo di raduno politico fino a quando “insieme ad altri attivisti e manifestanti abbiamo deciso di scappare dalla Cina, perché costretti all’esilio”. La ventiduenne esprime il desiderio di far conoscere al mondo intero la situazione relativa alla sorte che tocca ai prigionieri politici a Hong Kong, dove quasi ogni singolo personaggio pro democrazia importante è ora o dietro le sbarre o è stato costretto all’esilio.
“Non solo – ha aggiunto –: rischiano pene di reclusione oltre i dieci anni o addirittura l’ergastolo e vi è anche l’altissima possibilità che vengano estradati nella Cina continentale, dove si sa che l’unico processo possibile è tutto fuorché trasparente. Nessuno sa quali saranno le conseguenze per questi combattenti per la democrazia. A livello personale vorrei anche inviare un messaggio ad Andy Li, che è comparso davanti al tribunale di Hong Kong pochi giorni fa. È stato doloroso vederlo costretto a dichiararsi colpevole di collusione con forze straniere quando il suo unico crimine è stato quello di spargere la voce sul movimento democratico di Hong Kong”.
“CINA? MINACCIA PER HONG KONG E PER IL MONDO INTERO”
Nel prosieguo del suo intervento sul quotidiano “Libero”, Joey Siu ha raccontato che non soltanto Hong Kong, bensì il mondo intero, Europa compresa, dovrebbe temere lo sviluppo della Cina e, in particolare, la deriva tirannica assunta dal Partito Comunista Cinese, in quanto si tratta di una delle superpotenze del mondo con tante ricchezze e risorse e in grado di infiltrarsi, com’è già accaduto, in molte organizzazioni internazionali e in ogni settore della società, compresi quello dell’istruzione.
“Sono praticamente in ogni angolo del globo – ha affermato Siu –. Quindi non dobbiamo mai sottovalutare l’abilità, la determinazione e l’ambizione del Pcc di espandere la sua influenza globale. Dobbiamo essere molto attenti su quel che il Pcc potrebbe fare a Taiwan, e in realtà a tutti gli altri Paesi del mondo. Proprio per questo serve una politica coordinata per contrastare questa espansione aggressiva. La Cina non aspetterà“. Per Hong Kong, infine, servono programmi di “scialuppa di salvataggio” che possano salvare le persone costrette a scappare dalle persecuzioni politiche, unitamente all’adozione di “sanzioni mirate in stile Magnitsky contro i funzionari cinesi, nonché le imprese che sono coinvolte nelle violazioni dei diritti umani a Hong Kong, Turkestan orientale e Tibet”.