Tornata alla ribalta dopo la guerra scatenata dalla Russia in Ucraina, Taiwan teme un’aggressione da parte della Cina, che la considera come una sua parte e non esclude una conquista violenta. Le similitudini non mancano secondo Joseph Wu, ministro degli Esteri taiwanese: «Putin ha iniziato la guerra senza motivo, semplicemente sostenendo che l’Ucraina fosse parte della Russia. Prima di allora, però, la Russia aveva già invaso la Georgia e la Crimea, e ogni volta la comunità internazionale aveva lasciato fare a Mosca. Questo ha incoraggiato Vladimir Putin ad andare avanti». Ne parla a Süddeutsche Zeitung, spiegando che c’è un’evidente analogia con Xi Jinping. «Ha rafforzato il controllo e la repressione sul suo popolo. Guardate cosa ha fatto agli uiguri nello Xinjiang e poi a Hong Kong. E il mondo non ha fatto nulla per fermarlo».



Quello che è accaduto a Hong Kong potrebbe accadere a Taiwan secondo Wu. «C’erano stretti legami tra Hong Kong e Taiwan. Non molto tempo fa Hong Kong era un luogo con un’economia molto dinamica e una società aperta. Ora Pechino ha tolto a Hong Kong l’ultimo pezzo di libertà. Stiamo osservando la situazione da vicino. La gente ha capito: Dobbiamo davvero prepararci, politicamente e militarmente, affinché la Cina non venga a Taiwan». Ma per il ministro degli Esteri taiwanese «questa è anche una lezione per gli europei».



“HONG KONG SOLO L’INIZIO PER LA CINA”

L’Europa, oltre ad aver ignorato i campanelli d’allarme con Vladimir Putin, potrebbe commettere lo stesso errore con Taiwan. «Se non fermiamo la Russia in Ucraina, potremmo incoraggiare Putin a essere ancora più espansivo e a ripristinare la vecchia gloria imperiale. Ma questo è esattamente ciò che Xi Jinping intende fare. Hong Kong è stato solo l’inizio», spiega Joseph Wu nell’intervista al giornale tedesco. Infatti, segnala che la pressione militare della Cina non sta crescendo solo contro loro, ma pure nel Mar Cinese Orientale, «tanto che il Giappone sta diventando nervoso». Ma ci sono attività della Cina anche nel Mar Cinese Meridionale. «Il mondo deve ora lavorare insieme per evitare che una guerra come quella in Ucraina si ripeta nell’Indo-Pacifico».



Il ministro degli Esteri taiwanese, a tal proposito, segnala che le manovre cinesi intorno al suo Paese stanno crescendo di intensità. «A settembre, in un solo giorno, sono state effettuate 103 sortite di aerei durante le manovre al largo delle coste di Taiwan. È un dato allarmante. A luglio, inoltre, la Cina ha organizzato manovre navali congiunte con la Russia intorno al Giappone. Anche in questo caso le due autocrazie lavorano fianco a fianco». Nel frattempo, vengono condotte campagne di disinformazione su larga scala contro Taiwan, che da decenni vive sotto la minaccia della Cina. Le cose però ora sono cambiate: «Per i taiwanesi la minaccia è più reale che mai». E la guerra in Ucraina ha chiarito ai taiwanesi, secondo Wu, che quello che è accaduto lì potrebbe capitare a loro.

“RUSSIA MINACCIA, MA CINA È LA PIÙ GRANDE SFIDA”

«Vogliamo essere preparati per il giorno di un eventuale attacco», afferma a SZ il ministro taiwanese. Questo vuol dire prepararsi non solo militarmente, ma anche migliorare la catena di comando militare e la protezione civile. «Molti vedono la Russia come un’ovvia minaccia. Ma è importante capire che la Cina è potenzialmente la più grande sfida per la comunità mondiale. La Cina ha l’obiettivo e la capacità di rimodellare l’ordine internazionale basato sulle regole». Il piano cinese è evidente agli occhi di Joseph Wu: «Sta già cercando di rimodellare organizzazioni come l’ONU o l’Organizzazione Mondiale della Sanità. E ci sta riuscendo perché la sua influenza sta crescendo in molti Paesi, ad esempio in Africa, così da poter controllare e conquistare voti in seno alle Nazioni Unite». Una guerra tra Cina e Taiwan non è inevitabile, anzi l’Occidente può produrre un forte effetto deterrente. «La piccola Taiwan, che deve affrontare il gigante Cina, ha bisogno del sostegno internazionale».

Anche e soprattutto dell’Europa, nonostante la distanza. «Una volta che questo regime avrà inghiottito Taiwan, non si fermerà lì. Anche gli europei sentiranno l’espansione dell’autoritarismo». Ma in politica contano anche gli interessi economici. «Una guerra per Taiwan avrebbe ripercussioni economiche globali ben peggiori di quelle della guerra in Ucraina. Il 50% delle merci trasportate verso il resto del mondo, Europa compresa, passa attraverso lo Stretto di Taiwan. E il 90% dei chip per semiconduttori più avanzati sono prodotti qui a Taiwan. Se questa catena di approvvigionamento venisse interrotta, ognuno di voi ne risentirebbe nella vita quotidiana». Wu, infine, avverte l’Europa e tutto il mondo occidentale: «La gente dovrebbe capire: La pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan non sono una questione interna della Cina, ma una questione di sicurezza e prosperità globale».