E’ già un caso diplomatico il post su Weibo della Commissione affari legali del Partito comunista cinese che ha di fatto speculato sulla crisi pandemica in India. Una pubblicazione di cattivo gusto quella proveniente dalla Cina, successivamente rimossa – ma quando era già diventata virale. Il post ha infatti messo a confronto la vampata dei motori del razzo cinese decollato la scorsa settimana per una missione nello Spazio e le fiamme delle pire funebri che in India servono a bruciare i tantissimi morti per Covid. Il testo del post? Uno schiaffo in faccia a Delhi: “Come si accende il fuoco in Cina e come si accende in India“. Parole che riassumono alla perfezione gli attuali rapporti tra il Dragone cinese e l’Elefante indiano, con quest’ultimo che nel corso del 2020 – dopo gli scontri (con morti) tra militari sulle cime del Ladakh – si è reso protagonista della svolta geopolitica di maggior rilevanza degli ultimi anni, schierandosi apertamente nel campo d’azione americano contro l’espansionismo cinese nell’area dell’Indo-Pacifico.
Cina, il post choc contro l’India
E dire che nelle ultime due settimane Pechino aveva esercitato il proprio soft power inviando un messaggio di condoglianze a New Delhi da parte di Xi Jinping, ma soprattutto oltre 60 aerei di materiale sanitario contenenti 20mila generatori di ossigeno e 5mila ventilatori per le terapie intensive. A cercare di porre rimedio alla situazione è stato anche il Global Times, giornale in lingua inglese del Partito comunista di Pechino, con il direttore che ha scritto di “sentimenti popolari irrazionali” in questo momento, che non rispecchiano l’azione del governo. Per questo ha invitato la Cina a continuare ad “esprimere sostegno e comprensione per l’India ferita dal disastro umanitario“. Hu Xijin ha aggiunto: “Cina e India sono vicini geografici e lo resteranno anche dopo“. Più tardi, però, ha lanciato su Twitter un messaggio contraddittorio: “Molti cinesi sono dispiaciuti perché gli aiuti sanitari di emergenza, come i generatori di ossigeno e i ventilatori mandati in India non vengano usati per salvare i poveri, ma per i ricchi dell’India“.