La Cina, secondo un’indiscrezione che sta circolando in questi giorni in Corea del Sud, citata dal quotidiano Washington Post, starebbe attuando tutta una serie di preparativi per rimpatriare i fuggitivi della Corea del Nord nel loro paese d’origine, dove saranno sottoposti a processo. Infatti, coloro che decidono di scappare dal regime autoritario di Kim Jong-un vengono considerati automaticamente colpevoli di “comportamento antisocialista“, le cui pene vanno dalla detenzione in carcere, fino anche all’esecuzione.



Non è possibile conoscere né una stima, né un valore esatto di quante persone siano concretamente scappate dalla Corea del Nord per raggiungere la Cina, ma è certo che si tratta di una tendenza che va avanti dagli anni ’90, quando il regime di Pyongyang ha iniziato un complicato periodo di profonda crisi, tanto economica quanto sociale, che non è mai stato del tutto risolto. I fuggiaschi vedevano nella Cina una sorta di una terra promessa, in cui avrebbero facilmente trovato una nuova vita e nuove possibilità economiche, ma contestualmente il paese ha rafforzato i suoi legami con la Corea del Nord,  ancora solidissimi a quasi 40 anni di distanza.



La denuncia dell’ONU: “Gli esuli della Corea del Nord in Cina rischiano le peggiori torture”

Dopo la prima ondata di fughe massicce dalla Corea del Nord verso la Cina, il regime ha reso illegale attraversare i confini (se non con un apposito visto che viene rilasciato in pochissimi casi, per periodo di tempo estremamente limitati). Pechino, dunque, di fatto tratta gli esuli nordcoreani come ricercati, arrestandoli quando vengono scoperti e, nella maggior parte dei casi, rimpatriandoli forzatamente perché si sottopongano a processo nella loro patria.

Elizabeth Salmon, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani in Corea del Nord, ha dichiarato che ora sono tra i 600 e i 2mila gli esuli che rischiano il rimpatrio dalla Cina, avvertendo anche delle possibili conseguenze di una scelta simile. Secondo lei, la maggior parte finirà in un campo di lavoro forzato, dove probabilmente non verranno nutriti a sufficienza. Altri, invece, potrebbero finire in prigioni in cui non vige alcuna regola, rischiando abusi sessuali e torture. Dei tanti esuli in Cina della Corea del Nord, la maggior parte sono donne, e secondo Salmon la quasi totalità di loro gira costantemente con pillole suicide in tasca, temendo il giorno verranno arrestate, dato che per le donne sono molto più severe (a maggior ragione se sposate con un uomo cinese) e possono arrivare anche all’esecuzione.