Una inchiesta del Washington Post sulla Cina ha rivelato che la realtà sugli effetti della nuova ondata di Covid-19 è molto diversa da quella che il Governo vorrebbe far trasparire: le immagini provenienti dai satelliti della Maxar Technologies, infatti, sono in contrasto con quelle promosse dai vertici del Paese relativamente alla ripresa dei viaggi internazionali. Esse sono state registrate in sei città sparse in diverse zone (Pechino, Nanchino, Kunming, Chengdu, Tangshan, Huzhou) e mostrano delle attività choc intorno ai crematori e agli ospedali, con afflussi di persone enormi nel mese di dicembre.



Sono state individuate, come ricostruisce il Corriere della Sera, code di auto e carri funebri con dentro cadaveri in attesa di poter accedere alle aree dove vengono inviate per le operazioni di incenerimento. È stato persino ampliato il parcheggio per fare fronte alle richieste. Anche davanti alle strutture sanitarie la situazione non è molto diversa, con pazienti che attendono in strada di essere assistiti. Le zone delle camere mortuarie sono strapiene, con Gli operatori, ricoperti da tute anti-contagio, sono al lavoro ventiquattro ore su ventiquattro.



Cina, satelliti mostrano attività choc in forni crematori: le testimonianze

“Le autorità di Pechino stanno sottostimando i numeri”, questo ciò che ha affermato il dottor Mike Ryan, capo delle Emergenze all’Oms di Ginevra, il 22 dicembre scorso. Le immagini provenienti dai satelliti americani che mostrano le attività choc nei crematori e negli ospedali in Cina lo confermano. Ma non solo. Anche le testimonianze di alcuni membri della popolazione sono a sostegno di questa tesi. “Nel mio forno si bruciano 22 corpi al giorno, rispetto ai 4-5 di novembre”, ha scritto su Weibo un funzionario di un’agenzia funebre. In altri post si parla addirittura di 150 salme al dì. Il dato sui morti per Covid-19 di dicembre annunciato dal Governo è però di sole 40 unità.



Il fallimento della politica zero Covid è evidente, ma le autorità non sembrano volerlo accettare. È per questo motivo che è stata anche cambiata la definizione di “decesso” per il virus, limitandolo soltanto a coloro che avevano polmonite e insufficienza respiratoria. Secondo la Commissione sanitaria nazionale soltanto l’8% dei positivi sviluppa queste due condizioni e la maggior parte di queste sono curabili con un trattamento tempestivo. La realtà dei fatti, tuttavia, sembrerebbe completamente diversa.