In Cina si sono verificati scontri tra la polizia e i manifestanti impegnati a protestare contro la demolizione di una moschea. Succede nella provincia a maggioranza musulmana dello Yunnan, in Cina, e i disordini sono stati riportati dalla BBC. La folla si è riunita davanti alla moschea Najiaying, risalente al XIII secolo, nella città di Nagu, sabato 28 maggio. In breve tempo si apprende dello scoppio di tafferugli tra le forze dell’ordine e abitanti del luogo, circondati da centinaia di agenti armati.



A Nagu, in Cina, la moschea di Najiaying è considerata un punto di riferimento dalla popolazione musulmana, molto significativa nella provincia cinese, e negli ultimi anni è stata ampliata con un nuovo tetto a cupola e alcuni minareti. Una sentenza del 2020 del tribunale cinese ha dichiarato illegali le aggiunte alla moschea e ne ha ordinato la rimozione. Dall’esecuzione di questo ordine sembra che siano scaturite le proteste e quindi gli scontri tra i manifestanti e la polizia. La BBC ha verificato alcuni filmati girati sabato, che mostrano file di poliziotti intenti a bloccare l’ingresso alla moschea mentre gruppi di uomini tentano di entrare con la forza. Alcuni manifestanti sono visti lanciare sassi contro la polizia. Altri filmati mostrano poi il ritiro delle forze dell’ordine e l’irruzione della folla nella moschea di Najiaying.



Cina, scontri davanti a moschea: polizia dà caccia ai manifestanti

Scontri tra la polizia e i manifestanti in Cina, le proteste sono state scatenate dall’ordine di demolire parte di una storica moschea. La polizia della contea di Tonghai, dove si trova Nagu, domenica 29 maggio ha rilasciato una dichiarazione ingiungendo ai manifestanti di consegnarsi alla polizia entro il 6 giugno. Finora sono state arrestate decine di persone in seguito agli scontri. Il comunicato della polizia, come si legge sul sito della BBC, dichiara che “coloro che si consegnano volontariamente e confessano sinceramente i fatti di violazione e di crimine possono ricevere una punizione più leggera o attenuata”.



La Cina è uno Stato ufficialmente ateo e il governo ha sempre dichiarato di consentire la libertà religiosa. Gli osservatori citati dalla BBC affermano tuttavia che negli ultimi anni si è verificata una maggiore repressione della religione organizzata, forse nel tentativo di Pechino di ottenere maggiore controllo dei gruppi religiosi e sul loro operato nella società. Nel 2021, il presidente Xi Jinping ha condotto la “sinizzazione della religione”, vale a dire la trasformazione delle credenze religiose in modo da riflettere la cultura e la società cinese. Nello Yunnan, provincia nel sud-ovest del Paese, vivono circa 700.000 dei circa 10 milioni di musulmani Hui presenti in Cina. Qui, nel 2018, tre moschee nello Yunnan sono state chiuse per quella che è stata considerata “educazione religiosa illegale”.