A rischio il boom tecnologico della Cina: la causa sono i chip e la dipendenza dalla tecnologia “occidentale”. L’analisi arriva dal New York Times, secondo cui il premier cinese Xi Jinping sarebbe insoddisfatto degli sforzi compiuti per rendere il Paese indipendente dai chip, dopo anni di forti investimenti nel campo dei semiconduttori. Come ricorda il quotidiano statunintense, quattro anni fa Xi Jinping aveva fatto pressioni alla Yangtze Memory Technologies Company, società nazionale di semiconduttori con sede a Wuhan, affinché si affrettassero a “fare scoperte tecnologiche per contribuire al ringiovanimento della nazione cinese”.



Secondo il New York Times, il boom tecnologico della Cina “era stato costruito in gran parte sulla base delle tecnologie occidentali, in particolare dei chip che alimentano quasi tutto”, e questa consapevolezza sarebbe ormai stata acquisita anche da un gran numero di dirigenti del Paese. In aggiunta, negli scorsi mesi è stata avviata un’indagine sulla corruzione all’interno dell’industria cinese dei semiconduttori e al centro della bufera è finito l’ex presidente della stessa società Yangtze Memory Technologies Company, ma anche una personalità a capo del fondo statale Big-Fund che ha finanziato i principali progetti di chip cinesi. Fattori che contribuirebbero quindi a rallentare la corsa della Cina verso l’indipendenza tecnologica.



Cina verso l’autosufficienza tecnologica, la questione dei semiconduttori

Il New York Times definisce i semiconduttori “piccole fette di silicio che fungono da cervello dei computer e degli altri dispositivi” e spiega che le aziende travolte dalle indagini sulla corruzione in questo settore hanno un ruolo centrale nel progresso di questa tecnologia. L’improvviso arresto della corsa cinese sarebbe quindi un segnale che la Cina stia rivedendo il suo approccio che prevede “investire denaro in progetti nella speranza che alcuni di essi diano risultati”, segnando quindi “una chiara battuta d’arresto alla spinta del Paese a diventare tecnologicamente autosufficiente”.



Al momento, gli Stati Uniti sono impegnati a limitare l’accesso della Cina alla tecnologia dei semiconduttori che, per com’è attualmente strutturata, rende difficile la piena indipendenza cinese dal resto del mondo. Come spiega il New York Times, infatti, questa industria è basata su una “catena di approvvigionamento globale integrata attingendo alle competenze di diverse regioni: design negli Stati Uniti; produzione a Taiwan e Corea del Sud; assemblaggio, imballaggio e collaudo in Cina; e attrezzature nei Paesi Bassi”. Una catena peraltro costruita in decenni, tra spese in conto capitale ma anche anni di ricerca e sviluppo.