Con una decisione che ha lasciato a dir poco di stucco gli osservatori d tutto il mondo – ed in particolare quelli statunitensi – la Cina ha deciso di abolire interamente al sua politica di adozioni internazionali cancellando tutte le richieste pendenti (salvo pochissime rare eccezioni) senza rilasciare particolari informazioni in merito alle motivazioni: l’annuncio è stato fatto dalla portavoce del ministero degli Esteri – Mao Ning – su insistenza del Dipartito di stato degli USA che da tempo vedeva le richieste e le pratiche bloccate.



Facendo un passetto indietro, è bene ricordare che la Cina aveva già interrotto le adozioni – forse in questo caso con ragione – durante la pandemia Covid e nel frattempo si erano accumulato migliaia e migliaia di domande provenienti da ogni parte del mondo; mentre più di un anno e mezzo dopo l’allentamento dei limiti pandemici la situazione sembrava non tornare alla normalità e a fronte delle attese (sempre più impazienti) di migliaia di famiglie americane, il Dipartimento statale ha sollevato la questione con il Dragone.



Perché la Cina ha interrotto le adozioni internazionali: le ipotesi dal calo demografico alla crisi economica

Il risultato dell’interrogazione statunitense è quello – purtroppo – tristemente noto a cui abbiamo accennato all’inizio di questo articolo e con le adozioni internazionali interrotte si sono sollevate non poche domande sul perché proprio ora Pechino abbia preso una decisione simile; specialmente dopo che nell’arco degli ultimi 24 anni erano stati più di 160mila i bambini cinesi adottati in tutto il mondo, dei quali – è bene dirlo per capire come mai si sia mosso il Dipartimento USA – circa 82mila sul solo territorio americano.



Pur in assenza di conferme da parte della Cina, sono moltissimi gli osservatori che collegano l’interruzione delle politiche adottive estere al pesantissimo calo demografico con cui il Partito comunista deve fare i conti, specialmente dopo un 2022 e un 2023 in cui – per la prima volta in 60 anni – si è registrata una diminuzione della popolazione pari a poco più – nel solo ultimo anno – di 2 milioni di persone in meno dovuta (ricorda Il Post) all’elevatissimo numero di decessi che non sono stati soppesati dalle nascite (rispettivamente 11,1 e 9,2 milioni).

Il tutto mentre – da un lato – il Dragone fatica ancora ad abbandonare completamente la famosa (e controversa) politica del ‘figlio unico’ con multe e licenziamenti per chiunque l’avesse infranta e che rappresentava un vero e proprio motore per le adozioni estere; e mentre – dall’altro lato – si trova a fare i conti con una delle peggiori crisi economiche da quell’ormai lontano 1961 in cui dovette fare i conti con quella passata alla storia come ‘Grande carestia’.