In base a un’indagine dell’intelligence australiana – rilevata dalla Reuters, i cui risultati sono stati condivisi con l’intelligence americana e inglese – sembra che la Cina sia stata responsabile di un attacco informatico al parlamento nazionale australiano e ai tre maggiori partiti politici prima delle elezioni generali di maggio, con lo scopo non solo di avere accesso a informazioni riservate, ma con la finalità di condizionare le scelte politiche australiane.



Naturalmente il ministro degli Esteri cinese ha negato qualsiasi coinvolgimento nell’attacco cibernetico. Inoltre ha sottolineato che un attacco di questo genere per essere veramente dimostrato richiede una prova completa dei fatti, altrimenti si tratta soltanto di diffusione di informazioni false per screditare una nazione con la quale – sottolineiamo noi – ha un rilevante interscambio commerciale. Infatti la Cina acquista rilevanti quantità di minerali di ferro, di carbone e prodotti agricoli australiani contribuendo in tale modo ad arricchire il tessuto economico australiano. Proprio per questa ragione il report redatto dall’intelligence australiana – almeno fino a questo momento – raccomandava di tenere segreti i risultati per non danneggiare in modo rilevante l’economia australiana.



Alla luce di queste nuove rivelazioni viene puntualmente confermato quanto abbiamo già sostenuto in un articolo precedente in merito alla capillare penetrazione cinese in Australia anche nel contesto dello spionaggio. Alla luce delle ultime notizie l’interscambio commerciale tra Australia e Cina potrebbe risentirne, ma soprattutto queste nuove rivelazioni potrebbero avere delle conseguenze anche sulla proiezione di potenza tecnologica e commerciale di Huawei a livello globale. D’altra parte proprio in aprile la Cia aveva apertamente accusato Huawei di ricevere finanziamenti sia dalla Commissione per la sicurezza cinese che dall’esercito.

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