La visita di Nancy Pelosi ha tracciato un solco nei rapporti tra Cina e Taiwan. Pechino continua le esercitazioni militari e ha annunciato la sospensione della cooperazione su alcuni dossier. Mentre Taipei ha denunciato che “aerei e navi cinesi hanno superato la linea mediana dello Stretto”. L’Unione Europea invita alla calma le parti, anche se la tensione è altissima. Il generale Giuseppe Morabito, diverse missioni all’estero, membro fondatore dell’Igsda e del Collegio dei direttori della Nato Defense College Foundation, ha le idee chiare sia sull’importanza della visita di Pelosi, sia sulle mosse di Pechino.
Qual è l’entità di questa crisi dopo la visita di Nancy Pelosi?
È stata una visita importante, perché erano 25 anni che non avveniva una visita di autorità Usa a questo livello. Una grande testimonianza di appoggio al governo della Repubblica di Cina-Taiwan e la conferma della vicinanza dell’attuale amministrazione americana a Taipei. È un passaggio importante se consideriamo che la presidente Tsai Ing-wen, rieletta nel 2020, in occasione dell’elezione del presidente Trump ricevette “solamente” una telefonata e così espresse le congratulazioni da parte dell’“isola democratica”.
Ora, invece?
I democratici Usa hanno aumentato il livello della “dimostrazione di supporto” mandando la terza carica dello Stato in visita a Taipei. Logicamente ci sono critiche e discussioni interne ai palazzi di governo di Washington ma oramai “Alea iacta est”, la speaker Pelosi è stata a Taipei.
Quali possono essere le prossime mosse di Pechino?
La Cina Popolare è contrariata. Pechino ha ordinato esercitazioni militari-aerei in due aree, una di competenza cinese e l’altra di competenza taiwanese e c’è il rischio fattivo di un coinvolgimento di Paesi terzi. Secondo alcuni report, alcuni dei missili lanciati dalla Cina Popolare verso Taiwan sarebbero finiti in una zona economica esclusiva del Giappone. Il Giappone, non accettando questo tipo di provocazioni e/o errori, si è già fatto sentire. I taiwanesi si stanno controllando molto, anche perché in caso di risposta alle provocazioni, la Cina Popolare potrebbe trovare un pretesto per agire con ancora più forza. Taiwan non deve accettare le provocazioni. Comunque, quanto sta facendo la Cina Popolare era prevedibile ed era stato prospettato dal Pentagono al presidente Biden.
Intanto, la Russia ha manifestato alla Cina il suo supporto.
Dall’inizio dell’invasione in Ucraina, la Cina Popolare non ha mai preso una posizione di aperta condanna nei confronti della Russia. E ora l’atteggiamento di appoggio è reciproco. La Russia ha invaso un Paese “amico e democratico”, che considera, almeno in parte, suo territorio. La Cina Popolare potrebbe sfruttare l’azione della Russia come pretesto per aggredire a riunificare sotto il governo comunista l’isola di Taiwan con i suoi più di 20 milioni di abitanti. Anche se le situazioni sono diverse dal punto di vista pratico. Le forze armate russe hanno solamente dovuto violare un confine terrestre, la Cina Popolare invece dovrebbe attraversare un tratto di mare. Ed è una differenza strategica importante. Comunque, che Pechino potesse avere tali “pruriti” dopo l’aggressione russa l’avevo immaginato il 24 febbraio.
L’altro ieri 68 caccia cinesi e 13 navi da guerra hanno superato la linea mediana. Cosa significa?
Se le navi superano la linea mediana è una palese provocazione. La Cina Popolare potrebbe decidere di non tornare più indietro, lasciando lì dove sono le sue imbarcazioni. Questo comporterebbe un vantaggio dal punto di vista strategico in caso di un futuro possibile attacco. Certamente il tratto di mare da “coprire” dalle unità attaccanti per aggredire le spiagge della giovane democrazia taiwanese sarebbe minore.
Alcuni analisti sostengono che Xi Jinping non si muoverà prima del congresso del partito, in programma ad ottobre. Che ne pensa?
Xi Jinping vuole, ad ottobre, la riconferma per il terzo mandato e quindi deve accontentare sia i moderati sia i falchi del comitato centrale del Partito comunista. Deve cercare di accontentare sia chi non vede l’ora di attaccare Taiwan e ridurla a una provincia senza libertà stile Hong Kong, sia chi gli sconsiglia di farlo a causa delle possibili sanzioni. Ora la Cina Popolare, infatti, ha alcuni problemi economici dovuti alla riduzione della produzione industriale e ha difficoltà a gestire il contenimento del “suo” Covid in alcune grandi aree urbane, e mi consenta di citare il proverbio: chi è causa del suo mal pianga sé stesso.
Quindi?
Le sanzioni dai Paesi del G7 ( in primis) dopo un’aggressione sarebbero certe e creerebbero dei problemi enormi all’economia del Paese comunista. Xi Jinping deve cercare di fare qualcosa di dimostrativo, ma non credo che passerà a un’invasione di fatto. Troppo rischioso, soprattutto in caso di fallimento militare per lui che vuole mantenere il potere. Per ora, meglio mostrare solamente i muscoli cercando di fare contenti tutti a Pechino. Certamente i taiwanesi non si faranno intimorire perché, come da me più volte verificato sul posto e confermato dalle parole di tanti amici di Taipei, sono un popolo fiero e democratico che non accetterà mai l’oppressione comunista.
(Massimo Balsamo)
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