LA RIFORMA DEL GOVERNO SUL CSC E IL CINEMA (DI SINISTRA) IN RIVOLTA

Continua a far discutere nel mondo del cinema italiano la riforma del Governo Meloni del Centro Sperimentale di Cinematografia, meglio noto nel mondo dello star system italico come CSC. La scuola del cinema di Roma Cinecittà che ha sfornato negli anni artisti del calibro di Antonioni, Steno, Germi, Bellocchio e anche Garcia Marquez (salvo poi abbandonarlo per protesta, ndr) non accetta l’emendamento della Lega che modifica la composizione e il processo di nomina della dirigenza del CSC. I vertici della scuola di cinema, che sarebbero scaduti come mandato tra due anni, dovranno essere rinnovati entro 30 giorni secondo la nuova riforma: nell’attesa della firma del Presidente Mattarella, gli attuali dirigenti del CSC hanno deciso di dimettersi in blocco.



Si tratta della presidente Marta Donzelli e le consigliere di amministrazione Cristiana Capotondi e Guendalina Ponti: «un colpo di mano del governo Meloni sul Centro Sperimentale di Cinematografia», denuncia la senatrice Cecilia D’Elia, capogruppo del Pd nella Commissione Cultura. «Ancora ieri in Senato abbiamo denunciato quanto deciso dalla maggioranza e infilato impropriamente nel decreto Pubblica amministrazione, su cui è stata messa la questione di fiducia. Questa destra non ha rispetto per la libertà della cultura, interpreta il governo come comando. Noi siamo con le studentesse e gli studenti, con gli autori e gli artisti che difendono l’autonomia del Centro sperimentale, chiediamo ancora con forza al ministro di cambiare rotta. L’autonomia della cultura è un patrimonio del Paese», conclude la senatrice dem. L’accusa del cinema italiano – storicamente a tradizione, non si scopre oggi, progressista e anti-Centrodestra – è contro il Governo Meloni e il Ministro della Cultura Sangiuliano di voler nominare propri esponenti nel CSC, del resto quanto fatto da tutti i precedenti Governi sulla scia di quanto succede per la tv pubblica con la Rai. Donzelli & co. sono infatti stati nominati vertici della scuola di Cinecittà dall’ex Ministro della Cultura Dario Franceschini.



IL REGISTA “RIBELLE” SPARA A ZERO SUL CSC CON IL “FOGLIO”

In un lungo e frizzante reportage di Carmelo Caruso su “Il Foglio” negli scorsi giorni viene fatto il punto “sull’estate militante” (non a caso prendiamo in prestito l’immagine usata dalla segretaria Pd Elly Schlein, ndr) del cinema italiano in rivolta contro la norma del Governo – in particolare contro l’emendamento a firma Igor Iezzi della Lega – che punta alla nuova governance della Fondazione CSC. Dal cinema ai giornali, specie “La Repubblica”, che ha portato la medesima leader Pd ad esclamare la scorsa settimana «Siamo di fronte a una battaglia per le prossime generazioni. Dobbiamo allargare la lotta anche ad altre istanze». La riforma del Governo punta alla gestione di 37 milioni di euro dei fondi PNRR oltre ai 14 milioni ogni anno destinati dal Governo al CSC.



Come giustamente ricorda “Il Foglio”, l’impostazione tradizionale del CSC prevede quanto segue: «Il cda della Fondazione Csc, nominato dal governo, nomina a sua volta i membri del comitato scientifico del Csc: il comitato scientifico governa la scuola di cinema. La scuola rilascia titoli di studio a tutti gli effetti, come un’università». Da Nanni MorettiDal governo, violenza e rozzezza») a Virzì, da Carolina Crescentini a Marco Tullio Giordana che spara a zero contro il Governo «Questi ministri sono peggio di Mussolini»: tutti contro la norma del Governo di Centrodestra ma emerge una, sparuta, voce fuori dal coro (che vuole rimanere in anonimato, comprensibile). Caruso lo chiama “il regista dissipato” che si autodefinisce come tale in quanto in contrasto con il “regista di sinistra” che va per la maggiore nel cinema italiano: «strapotere del Csc che, devi sapere, è una Rai più speciale» confida l’autore rimasto anonimo. Non si ferma qui però l’invettiva, puntando dritto contro il “sistema” di sinistra che alberga nella scuola del cinema di Cinecittà: «E’ la Normale di Pisa dei figli di, quelli che vogliono fare i registi per rimorchiare al Pigneto. Alle pischelle, la sera, dicono, ‘so regista’. Rimorchiano alla grande». Il regista fa anche di più e racconta come funzionava il CSC nominato da Franceschini: «Marta Donzelli percepiva 100 mila euro. Il regista Daniele Lucchetti, che sulla Stampa ha rilasciato un’intervista contro l’emendamento della Lega, è docente, ha il corso. 36 mila euro. Su Repubblica, l’articolo d’autore , sulla protesta del Csc, è stato scritto da Paolo di Paolo che è curatore dell’ultimo numero di Bianco e nero, quadrimestrale del Centro Sperimentale. Ogni pubblicazione ha valore scientifico. L’ultima copertina di Bianco e Nero era dedicata a Nanni Moretti, il primo regista a protestare contro il decreto della Lega, mentre il direttore di Bianco e Nero è Alberto Crespi, che è stato critico dell’Unità». Come se non bastasse, dopo l’alzata veemente delle proteste contro la riforma del Governo che secondo molti «mette a rischio la libertà di cultura», negli ultimi giorni sarebbe stato tutto “taciuto” per riprendere le polemiche e proteste da settembre: il motivo è molto semplice, «Ma se sono pronti a lottare perché, qui, a via Tuscolana, c’è solo il bibliotecario argentino Augusto che domani chiuderà?», si chiede provocatoriamente “il Foglio” nel sentire il regista” dissipato”.