La vittoria di Obama era scontata, aveva sconfitto addirittura Hillary Clinton nelle primarie, rappresentava il nuovo che avanza, era il primo candidato nero papabile alla poltrona di presidente degli Stati Uniti.
I repubblicani erano coscienti che sarebbero andati al massacro dopo le due presidenze di Bush, avendo perso nel 2006 il controllo di entrambi i rami del Congresso, McCain ha combattuto come se fosse stato in Vietnam con bombe al napalm, ma è parso l’agnello sacrificale del proprio partito.
Mediaticamente la candidatura di Obama alle primarie era già una novità importante: un politico nuovo apparso quasi dal nulla che andava a sbaragliare la signora Clinton, divenuta ormai più famosa e potente del marito. Concordo con il Cavaliere, la prima volta che ho visto parlare Obama in tv ho detto anch’io che era un bell’uomo, sembrava abbronzato, capace di parlare alla gente, con carisma. La povera (?) Hillary (voto 5) è apparsa invece dispotica e prepotente, forse perché rappresentava e ricordava il vero potere clintoniano che fu. Abbattuta l’ex first lady, la via per la Casa Bianca era già asfaltata. McCain (voto 6,5) era partito con l’handicap della presidenza passata sulle spalle, si è dato da fare, ma dalla sua non aveva granchè, né l’età, né lo stile, né gli argomenti del suo concorrente. Ha risposto alla prestanza dell’avversario anche con dei colpi bassi, ma non è servito.
Una bella figura l’ha fatta invece Sara Palin (voto 7/8), governatore dell’Alaska. Una madre con figli, non una bellezza americana siliconata, esuberante, con le idee chiare, che come popolarità ha surclassato McCain. Avrà speso 150.000 $ (del partito) in vestiti per vestire l’intera famiglia, avrà sparato con il fucile, ma è un personaggio che ha bucato lo schermo. Non a caso è stata presa di mira da comici americani e nostrani. Potrà concorrere per le elezioni del 2012, anche se continuerei a scommettere su Obama.
In questa disputa, l’unico che non si esposto è stato G. Doppiavù Bush (voto 4,5), a dire il vero data la sua impopolarità avrebbe solo nuociuto al povero McCain. G. Doppiavù era stato eletto nel 2000 quando, dopo le contestazioni sul voto in Florida, la Corte Suprema gli assegnò la vittoria sul democratico Al Gore che lo aveva superato nel voto popolare. Figlio di Bush senior, era stato accolto il giorno dell’insediamento con manifestazioni e lanci di uova ed ortaggi. Dopo l’attentato alle Torre Gemelle e l’ingresso degli Usa in guerra il gradimento di G. Doppiavù era sceso al 43%.
Con Bin Laden, i soldati morti in Afghanistan ed Iraq, il ciclone Katrina, e la crisi economica americana, sicuramente non ha avuto la vita facile e deve ringraziare molto il sottosegretario di stato Condoleeza Rice (voto 7), che oltre ad aver classe ed eleganza, è stata determinante in questi ultimi anni rubandogli di conseguenza la scena mediatica. Dico di più, G. Doppiavù non aveva un grande appeal televisivo: non è bello, non ha l’aria intelligente, anzi tutt’altro, e il suo portamento da texano lo faceva sembrare un rozzo cowboy. Per non parlare delle sue innumerevoli gaffe che non erano minori di quelle di Carlo d’Inghilterra. Da noi Striscia la notizia lo ha massacrato spesso e volentieri. Gli ultimi colpi che ha sparato (a salve), sono stati in onore di Berlusconi.
Barack Obama (voto 8) è il primo presidente nero nella storia degli Usa, incarna il sogno americano, dove dal nulla si può diventare qualcuno. A dir la tutta sembra il protagonista di un soap: giovane, bello (dice mia moglie), vincente, sensibile, una bella moglie con due figlie (e tra poco un cane). Durante la sfida elettorale è andato in piazza nonostante una bufera di neve e si è catapultato al capezzale della nonna morente esaltando con tutto questo le folle. Diciamo anche che ha portato a sé i voti degli afroamericani, degli ispanici e molti dollaroni di sostegno alla sua candidatura con cui ha pagato (sei milioni di dollari) lo spot di mezz’ora andato in onda sulle più importanti tv. Un film degno di Hollywood, con cui sicuramente ha bucato lo schermo ed incantato gli indecisi. Ha una carriera davanti anche se Ronald Reagan aveva fatto il percorso inverso.
Si è presentato poi vincente in un bagno di folla esclamando: Dobbiamo riprenderci il sogno americano! We can change! Cambierò l’America! Yes we can! Slogan di sicuro effetto. Per ora la sua immagine è apparsa vincente su tutti i fronti. Attendiamo con ansia la continuazione del film.
Facciamo ora un salto in Italia. L’avevo già anticipato nell’articolo sulla manifestazione del Circo Massimo: Walterone Veltroni (voto: n.c.) si è così immedesimato nella parte che è convinto di aver dato una mano non indifferente al successo di Obama. Il giorno della vittoria si è presentato dai suoi amici in Rai (Tg3 e Rai news 24) facendosi intervistare, rivendicando come suo il successo di Obama. Ha fatto di più, con il suo partito ha organizzato una festa in piazza a Roma. Si è pure arrabbiato quando il Cavaliere ha definito Obama bello e abbronzato, voleva far scoppiare una caso diplomatico. Probabilmente pensa che il Partito Democratico italiano sia una succursale di quello americano: ha usato in campagna elettorale lo slogan We Can, ed il palco del Circo Massimo era in mezzo alla folla come quello di Barack.
Se il neo-presidente lo ripudiasse potrà sempre dire che è lui l’ispiratore e che l’altro ha copiato. I maligni mi sussurranao che pretende anche di farsi chiamare all’americana Uolter.
La differenza è che Obama ha vinto le elezioni e non veste camice botton-down sbottonate.