Molti si sono chiesti come la Disney avrebbe reagito all’offensiva dell’animazione digitale e la seguente crisi creativa da cui è stata investita per alcuni anni. Ma dopo aver comprato la Pixar e messo i suoi uomini nella stanza dei bottoni, la “casa del Topo” sembra aver ritrovato la strada giusta, che valorizzi la tecnica con storie semplici ma divertenti. È il caso di Bolt, le avventure di un cane/attore che interpreta un cane dai poteri straordinari in un serial televisivo ed è convinto di essere veramente un super eroe. Ma si accorgerà che la vita fuori dagli Studios di Hollywood è molto diversa: da vedere in compagnia dei bambini.



Non è un cartone animato, ma deriva da un videogioco, Max Payne (che in italiano si potrebbe tradurre “Massimo Dolore”). Uno dei cosiddetti “sparatutto” su un poliziotto che vuole vendicare l’uccisione della sua famiglia. Almeno in questo caso, bisogna encomiare l’adesione all’originale: Mark Wahlberg (già apprezzato in alcuni ottimi ruoli, come in The Departed) non ha fatto molta fatica. Basta avere sempre un espressione corrucciata e sparare a tutto quello che si muove. E a proposito di combattimenti, piacerà a i cultori delle arti marziali (ma solo a loro) Never Back Down, una specie di karate Kid, ma ovviamente più violento e ambientato tra i ragazzi delle scuole americane. Meglio evitare. Piuttosto è meglio Death Race, una “corsa della morte” che ha come protagonista Jason Statham (Transporter): auto truccate, rombo di motori sovralimentati, inseguimenti con curve impossibili e così via. Ma il regista Paul W.S. Anderson viene dalla scuola di Roger Corman, maestro dei B-Movie e almeno il film offre alcune prospettive interessanti e due ore di divertimento, purché dopo non ci proviate sulle strade della vostra città. Chiudiamo con due film italiani: Ti stramo – Ho voglia di un’ultima notte da manuale prima di tre baci sopra il cielo, parodia dei film-romanzetto alla Moccia con un protagonista che si chiama Stramarcio, detto Stram (cosa che ha fatto irritare il permaloso Scamarcio) e che deve affrontare svariati travagli di cuore con la sua ragazza detta Bimba. Anche se il risultato non è un capolavoro (e che bisogna essere degli esperti del genere lucchettaro per cogliere tutte le citazioni), finalmente qualcuno che comincia a sbeffeggiare quelli che pensano essere i nuovi autori della letteratura italiana. Chiudiamo con Solo un padre di Luca Lucini con Luca Argentero. Lucini, che già è regista di Tre metri sopra il cielo, L’uomo perfetto e Amore, bugie e calcetto, parla dell’esperienza di un ragazzo padre, rimasto vedovo per la morte della moglie durante il parto. È un film semiserio, nel quale il regista tocca argomenti delicati e dolorosi rivelandone anche gli aspetti involontariamente comici. Forse più sentimentale che drammatico, è comunque uno sguardo apprezzabile e non stereotipato sulla paternità.

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