Uffa, Paolo VI: un altro papa in tv, un’altra storia edificante, un altro “santino” di Raiuno. L’approccio dell’intellighenzia e della critica è sempre lo stesso: sopracciglio alzato, disanima da esperti (autonominatisi) in materia, spocchia in abbondanza. E quel “la fiction americana sì che sarebbe all’altezza” che taglia definitivamente la testa al toro. Invece noi, gente bassa, popolare, partiamo dalla volgarità dei dati d’ascolto. Il nuovo Paolo VI della Lux Vide per Raiuno ha vinto la serata di domenica 30 novembre (5 milioni e mezzo di telespettatori) e ha battuto in sovrapposizione la sera dopo, tenendosi tutti i suoi telespettatori, la celebrazione di Vladimir Luxuria su Raidue, cui sono occorsi altri 60′ di diretta per battere in share le gesta di Papa Montini. Non sono gli sfracelli delle fiction su Padre Pio o Madre Teresa, o degli altri due papi del Novecento firmati Lux, certo.



Ma erano altri tempi, altri appeal popolari, se volete altri lunedì meno competitivi e spreconi (oggi c’è anche Zelig). Dunque che in questo contesto la drammatica e tormentata storia di Papa Montini abbia coinvolto così tanti italiani ha del miracoloso. Fatta questa premessa, i difetti. Innanzitutto l’urgenza di infilare tutta la storia del 900 dentro “quella” storia, con ricadute nei confronti di una sceneggiatura firmata da Nuccetelli e Arlanch che rischia il riassuntone (cliff hanger a scatole cinesi, superficialità, poca emozionalità). E poi: si commuoveva chi quella storia e quegli anni ha vissuto: e gli altri, quelli che non si riconoscevano in una scrittura fin troppo rispettosa del linguaggio originale di allora? Infine i vistosi difetti di mixaggio sonoro, specie nel cocktail fra musica e parola del Papa (un misurato e convincente Fabrizio Gifuni). Ciò nonostante ci voleva coraggio nel ricostruire in termini di fede la formazione della prima generazione politica dc, oggi ridotta a puro racconto di potere, così come nell’invenzione del brigatista pentito figlio di amici intimi del Papa come simbolo dei nuovi tempi che rifiutano la tradizione.



Perfetta e coraggiosa, infine, la spiegazione dell’impopolare enciclica Humanae Vitae, profezia anticipatrice delle battaglie bioetiche e così in rotta con la cultura dominante. Insomma i normali alti e bassi di una fiction popolare, frutto di una company, la Lux Vide della famiglia Bernabei, che è l’unica di cultura cristiana a competere sul terreno dei grandi ascolti e dei grandi numeri. È la loro specialità: Dio ce li conservi.

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