Due tra i “grandi film” americani visti in questa prima parte di 2008 mi hanno lasciato con una domandona: a quale gioco sta giocando il cinema americano? Da un lato gi incredibili 158 minuti de Il petroliere di Paul Thomas Anderson, dall’altra il tragico sanguinamento di Onora il padre e la madre di Sidney Lumet. Due film eccezionali. Due film da vedere. Due film… “senza sorprese”. Mi contraddico? Forse no.



Il primo, che ha meritato a Daniel Day Lewis l’Oscar come miglior attore protagonista, è una demolizione programmata di due miti americani: il coraggio e l’onestà dei primi “cercatori d’oro nero” e la dedizione dei predicatori nelle praterie del sogno americano. Laddove l’oleografia western racconta di gente coriacea, ma soretta da sogni e valori, Anderson introduce l’assolutamente cinico, il totalmente preda del basso istinto. Il petroliere Day Lewis e il suo “competitor”, il predicatore Paul Dano (già visto nel bellissimo Little Missy Sunshine: era il ragazzo semi-autistico) sono reciproca fotocopia, campioni del becero e del violento, nel tentativo sovraumano di affermare la propria visione e il proprio selvaggio dominio delle cose e delle persone. Tutto finisce nel sangue: sigla e titoli di coda. Dove è finita l’inarrestabile dignità umana di Magnolia? Il miglior film dello stesso Anderson contiene uno dei momenti più sorprendenti di tutta la storia del cinema, l’incredibile sorpresa della “pioggia di rospi” che mette a zittire impiegati e finte star, coppiette in difficoltà e mogli devote. Magnolia è dimenticata: il petroliere uccide, come volevasi dimostrare.



E se la sfida tra petroliere e predicatore si tinge di sangue, ancor più tragica è la saga familiare che Sidney Lumet ha deciso di raccontare in Onora il padre e la madre. È una squallida vicenda di soldi e rapine, in cui il bottino è infinitamente meno rilevante della colpa. Da un lato pochi dollari, dall’altro la perdita della dignità. Padri e figli si rincorrono e si perdono, tra sguardi e tradimenti, prima di un finale prevedibilmente amaro. Risultato? Ancor più tragico del Petroliere, perché qui, come in Shining, ma andando ancor più indietro come nel Riccardo III di Shakespeare o nell’Elettra di Sofocle, il sangue viene dal proprio sangue. Non c’è salvezza, solo una caduta nell’orrore sempre più tragico. E non è l’orrore (celebre) del colonnello Kurtz di Apocalypse Now- Cuore di tenebra. È un orrore che non rimanda: resta li, a gocciolare immotivato dopo l’ultimo spasmo di sangue dalla vena squarciata.



Domandona, si diceva: da quando in qua il grande film a stelle e strisce è incapace solo di raccontare la “mancanza di speranza”? Vedendo Onora il padre e la madre mi sarei sorpreso di più a vedere un finale positivo. Ad esempio: una bella rappacificazione e via, come accadeva una volta. E invece no: in scena oggi a Hollywood ci va solo, o quasi, il male. L’incapacità della realtà di dire qualcosa di positivo. L’irrapresentabilità di una sorpresa. Nessuna speranza. Una volta Anderson girava Magnolia: il trionfo folle dell’inatteso. Una volta, era il 1957, Sidney Lumet girava La parola ai giurati: un raggio di speranza acceso da un solo uomo all’interno di una giuria ormai “ovviamente schierata” (sembra Piazza TienAnMen…). Chissà se oggi ne sarebbero di nuovo capaci o se è solo un problema di “trend negativo”…

(Walter Gatti)

(Foto: Imagoeconomica)