Cera una volta Pinocchio, la fiaba italiana più famosa nel mondo, lunica ad essere entrata nella rosa delle rivisitazioni Disney delle classiche storie europee per bambini.
Una fiaba che non parla di principesse, ranocchi e amore romantico, bensì del tema profondamente radicato nella cultura del nostro paese del rapporto tra genitori e figli, delle difficoltà e delle gioie di diventare uomo ed essere padre.
La miniserie trasmessa domenica 1 e lunedì 2 novembre su Rai Uno, co-prodotta da LuxVide e diretta da Alberto Sironi, ripropone la storia di Pinocchio, scritta da Collodi nel 1881, a un pubblico di adulti e soprattutto di bambini, a cui sono destinati pochi prodotti ormai in prima serata, contando su un cast internazionale e sul fascino sempiterno della fiaba.
Ladattamento, però, punta a non allontanarsi troppo dalla realtà quotidiana: invece del non-luogo delle fiabe, viene proposta una realistica ambientazione toscana e il Gatto e la Volpe sono figure di truffatori attuali, broker che promettono lillusione del guadagno facile (il male del secolo), seppur nella loro caratterizzazione bizzarra.
Il tutto senza rinunciare, naturalmente, agli elementi magici quali la Fata Turchina che appare e scompare, i burattini che parlano e il fantastico e inquietante Paese dei Balocchi, metafora di un viaggio iniziatico dallinfanzia alladolescenza, alla scoperta del significato e delle responsabilità che comporta essere uomini.
Geppetto e Pinocchio sono co-protagonisti di una storia di formazione che porta entrambi a cambiare: Pinocchio, burattino diventato bambino grazie alla magia della Fata Turchina, impara ad essere figlio e uomo, mentre Geppetto, solitario e inaridito, deve calarsi nel suo nuovo ruolo di padre e aprire di nuovo il proprio cuore allamore.
Il naso che si allunga, lalbero su cui crescono le monete doro, le orecchie dasino e la balena sono elementi allegorici del testo originario, mantenuti dalla miniserie, che rappresentano le difficoltà di crescere e assumersi le proprie responsabilità, di ammettere i propri sbagli e agire per amore.
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“Cos’è la vita?” chiede Pinocchio all’inizio del film, e Geppetto non sa rispondere: solo alla fine del viaggio, nel ventre della balena, sarà in grado di rivelare al figlio ciò che lui stesso ha imparato lungo la via – la vita è la nostra occasione di amare incondizionatamente.
Riproporre la fiaba di Pinocchio oggi, in un momento in cui il ruolo del genitore è sempre più difficile da definire, è una scelta interessante. La famiglia, soprattutto se numerosa, è tornata di moda grazie al modello cinematografico (a cominciare dalla “grande famiglia” di Angelina Jolie e Brad Pitt), ma nessuno sembra affrontare davvero il problema di cosa significhi essere genitore, le difficoltà e le domande che si nascondono dietro la facciata.
Gli attori sono molto bravi, a cominciare dai piccoli Robbie Kay (Pinocchio) e Thomas Sangster (Lucignolo); Bob Hoskins, Toni Bertorelli.
Francesco Pannofino, Alessandro Gassman, e Margherita Buy sono perfetti nel ruolo, Luciana Littizzetto ci diverte nei panni di un originale Grillo Parlante e Violante Placido re-interpreta una moderna e affascinante Fata Turchina.
La natura di co-produzione della fiction permetterà alla fiaba di diffondersi anche sui mercati stranieri, portando così l’impronta italiana fuori dai nostri confini (che, visto il precedente successo di Coco Chanel, è un dato sempre positivo); cresce la convinzione che il fascino delle storie di un tempo, tra magia e realtà, sia ancora e sempre la chiave per parlare al cuore della gente di ogni epoca, come dimostra il fatto che La Bella e la Bestia spopola a teatro sotto forma di musical e gli archetipi fiabeschi riaffiorano in tutti i più grandi successi cinematografici e letterari, soprattutto per i più giovani.
Il successo di pubblico di Pinocchio (31.79% la prima puntata) ne è l’ennesima, gradita conferma.
(Ilenia Provenzi)