Hollywood continua a sostenere l’aborto, attaccando i valori della famiglia tradizionale e l’inviolabile diritto alla vita. In Revolutionary Road, l’atteso film che ha riunito Kate Winslet e Leonardo DiCaprio, una giovane coppia lotta contro la vita dei sobborghi cittadini e l’angoscia per i sogni non realizzati. Basato su un romanzo di successo di Richard Yates pubblicato nel 1961, Revolutionary Road descrive la vita di Frank e April Wheeler, una coppia sposata di giovani promettenti che desidera vivere il Sogno Americano. April, aspirante attrice, tocca il fondo quando fallisce nella sua ultima recita, mentre Frank va malvolentieri ogni giorno al suo lavoro presso Knox Business Machines, per pagare il mutuo della loro bella casa in periferia, in Revolutionary Road.
Anni di vita matrimoniale e i figli si dimostrano presto essere la tomba di una vera vita. Per sfuggire alla monotonia e al conformismo di questa vita, April formula un piano per trasferirsi a Parigi, dove Frank può «ritrovare se stesso» e dove lei può aiutare lui e la famiglia lavorando per il governo come segretaria ben pagata. Ma i loro piani sono ostacolati da un’inaspettata gravidanza di April. Frank comincia ad avere ripensamenti sul trasferimento, anche perché nel frattempo ha ottenuto una promozione. April, ormai incinta di tre mesi, rimane sconvolta dalla decisione di Frank di rimanere in Connecticut e si convince che il solo modo per uscire dalla situazione sia di affrontare un aborto, anche se altamente a rischio. Si tratta di una conclusione logica per il suo modo di pensare, perché è stata la nascita dei primi due figli a farli trasferire in periferia e a frenare i loro sogni. April riesce a uccidere il suo bambino, ma muore anche lei.
Nella scena culmine del film, quando ha luogo l’aborto, il film fa vedere April che scende le scale verso la luce del sole che penetra dalla finestra. Sta sanguinando abbondantemente e, tuttavia, sulla sua faccia c’è un sorriso calmo e sereno. Il messaggio di Hollywood è chiaro: la definitiva illuminazione è uccidere un bambino, cosi da poter esaudire i propri sogni, anche se questo vuol dire uccidere se stessi e abbandonare marito e due figli piccoli.
Non è la prima volta che Hollywood promuove l’aborto. Film come Citizen Ruth, The Cider House Rules e Vera Drake sono solo alcuni esempi di disinvolta proclamazione del diritto di scelta della donna, ma Revolutionary Road si spinge al limite, descrivendo l’aborto come il compendio della realizzazione.
Il San Francisco Chronicle ha salutato Revolutionary Road come «un grande film americano» che deve «essere visto almeno una volta». Grazie alla critica entusiasta, il film ha guadagnato più di 27 milioni di dollari negli Stati Uniti e più di 46 milioni all’estero. Ha collezionato quattro candidature al Golden Globe e altrettante per l’Oscar, con Winslet che ha vinto Golden Globe e Oscar per la migliore attrice. Questi riconoscimenti alla Winslet rinforzano la falsa idea, come ha detto DiCaprio in un’intervista con Oprah Winfrey, che April sia l’eroina del film, perché vuole di più dalla vita ed è disposta ad assumere rischi. Come April dice a Frank: «Occorre avere spina dorsale per vivere la vita che si vuole».
Per Yates, il suo romanzo era un’accusa alla vita americana degli anni ‘50 e all’atteggiamento conformista prevalente durante l’amministrazione Eisenhower. Nel 1999, Yates disse al Boston Review che «la maggior parte degli esseri umani sono inevitabilmente soli ed è questa la loro tragedia». Ma sia Yates che April si sbagliano. La vera tragedia è la concezione narcisista ed edonistica di April che percepisce famiglia, figli e una vita confortevole come una condanna della vera vita. Nell’attuale crisi economica, con gli esperti che prevedono più di nove milioni di americani andare verso la povertà, le capricciose fantasie di April sembrano assurde.
Ancora più assurde sono le illusorie catene dei valori familiari che la soffocano, ma il modo in cui April vede tutto ciò, venendo meno alle proprie responsbilità di moglie e di madre per soddisfare i propri bisogni, ha la precedenza su tutto. Questo sarebbe il vero coraggio, come più succintamente ripetuto nella sentenza della Corte Suprema del 1992, Planned Parenthood vs. Casey, «Al cuore della libertà c’è il diritto di definire il proprio personale concetto dell’esistenza, del significato dell’universo e del mistero della vita umana».
Da quando nel 1973 è sta emessa la sentenza Roe v. Wade, quasi 50 milioni di bambini sono stati abortiti, nel nome del diritto della donna alla scelta. Hollywood non ha alcun problema ad attaccare la dignità della vita e a incoraggiare l’assassinio di massa di bambini per promuovere la realizzazione di sé. Malgrado il mantra di Hollywood, il vero Sogno Americano per ogni madre si avvera non uccidendo il proprio bambino non ancora nato, ma attraverso il duro lavoro e il sacrificio quotidiani per i figli e la famiglia. Come ha detto Giovanni Paolo II: «L’uomo non può trovare pienamente se stesso se non attraverso un sincero dono di sé». È nello sforzo verso questa realizzazione di sé che uomini e donne, in particolare le madri, diventano veramente umani, è in questo sforzo che si rivela il genio femminile. Non lasciatevi raccontare cose diverse da Hollywood.