I Cesaroni hanno chiuso in bellezza arrivando su Canale 5, lunedì scorso, oltre la quota simbolica del 40 per cento di share nei dati auditel di ascolto. E’ una cifra da partita di calcio della Nazionale o giù di lì. Un successo pazzesco per il genere della fiction auto prodotta. Sono diversi i motivi di questo successo. Il primo è che si tratta di un prodotto televisivo di una certa qualità. A cominciare dalla sceneggiatura. Una volta in Italia non si dava importanza a questa fondamentale funzione dello showbiz, quasi un artigianato che alimenta tv e cinema. Oggi le cose cominciano a cambiare e questa fiction all’amatriciana dimostra che innanzitutto ci vuole un bell’impianto di racconto, personaggi solidi e credibili, agnizioni giocate al punto giusto. La prima volta che andai ad Hollywood (non fregherà a nessuno ma era il 1985) rimasi colpito proprio dal mondo degli sceneggiatori. Dal loro modo di guardare l’intrattenimento, la tv e il grande cinema. Una buona storia ad episodi deve far accadere qualcosa ogni puntata, evento comico o drammatico che sia, e la trama deve scorrere verosimile e però furbetta, incalzante.
I Cesaroni hanno la forza del radicamento particolare in un quartiere di Roma, la Garbatella, che poi è molto simile ad un paese, dove la bottiglieria dei fratelli Giulio e Cesare è il centro logistico e drammaturgico e dove tutti si conoscono. Storie di vita comune, famiglie allargate, madri che si fingono morte e poi riappaiono, ragazze che sono incinte ma di quello che amano davvero e non del fidanzato ufficiale e via così. Insomma sapete di che cosa parlo.
Secondo elemento di successo: una buona compagnia di attori, guidata magistralmente da Claudio Amendola, vero capocomico con esperienza professionale e tanto buon senso. Impreziosita da Elena Sofia Ricci, simpatica e insieme perfetta nel disegnare il carattere della prima donna. Fortissimi anche Max Tortora e Antonello Fassari, nati come comici, Tortora è un grande imitatore, ma diventati molto credibili come caratteristi. E un cast giovane ampio e di talento che comprende Alessandra Mastronardi, Matteo Branciamore fino al giovanissimo “Mimmo” interpretato da Federico Russo.
Il terzo motivo del successo è proprio l’investimento sui giovani e giovanissimi. Sono due le fasce d’età che sono diventate decisive per il pubblico televisivo e per i numeri dell’Auditel: le persone anziane e i giovani. Sono loro che tengono in mano il telecomando e determinano le scelte di tutta la famiglia. E’ forse antipatico ammetterlo, ma è così. I Cesaroni puntava su questo tipo di pubblico, soprattutto il secondo, proponendo storie di ragazzi, dalle elementari (chi si è perso le partite nella Lazio del portiere Mimmo?) fino all’ingresso nel mondo del lavoro (Marco e Eva tentano di fare il cantante e la giornalista).
Quanto alla morale, beh, l’ultima puntata ha rimesso le cose a posto: la figlia di Eva era in realtà frutto dell’amore con Marco e così Alex se ne è tornato in America, e da scapolo. Giulio è tornato ad amare Lucia, così come Cesare Pamela. Tutto in ordine, fino al prossimo colpo di scena.
L’importante, come spiega bene Shakespeare, è sognare. Gli italiani lo hanno fatto, almeno un po’, coi Cesaroni.