Proviamo a guardare Enrico Mattei – L’uomo che guardava al futuro da un insolito punto di vista. Nessuna valutazione estetica, per cominciare. Né regia, né recitazione, né sceneggiatura, né colonna sonora: semplicemente i numeri che ci offre l’Auditel. In quanti l’hanno vista, domenica e lunedì sera in prima serata su Raiuno? 6 milioni 205 mila la prima sera, 6 milioni 709 mila la seconda. Nella prima concorrenza medio forte (Telefilm su Raidue, Report su Raitre, Mai dire Grande Fratello Speciale su Canale 5, La mummia 2 su Italia 1), nella seconda fortissima (nuovo programma della D’Eusanio su Raidue, un James Bond in replica su Raitre, The fast and the furious su Italia 1 ma soprattutto I Cesaroni 3 su Canale 5). Interessanti i dati di share: 26,64 la domenica e 24,38 il lunedì, questi ultimi a fronte dei Cesaroni al 24,73 il 1° episodio e 29,01 il secondo.



Dunque vittoria netta per I Cesaroni la seconda sera?

Mica tanto, perché è stata ottenuta con 30 minuti di fiction in più che la fanno arrivare, grazie all’arrivo del pubblico che ha finito di vedere il Mattei su Raiuno, a una media del 35% di share.

Cosa vogliono dire questi numeri? Che la storia complessa e tutto sommato ben poco romanzata del fondatore dell’Eni ha agganciato il suo pubblico con forza e lo ha visto crescere di quasi mezzo milione la seconda sera, nonostante il moltiplicarsi di alternative ben più distensive e leggere. Ma quale pubblico?



I dati Auditel – che non sono il giudizio di Dio ma un semplice strumento di rilevazione quantitativa – ce ne danno, fra le tante, alcune caratteristiche. Innanzitutto quelle riguardanti il prezioso target 25-54. Mattei qui è al 18,91 e I Cesaroni al 31,21. Target più appetibile commercialmente, ma non è detto più interessante.

L’istruzione, per esempio, vede per Mattei i laureati al 29,36 (Cesaroni al 20,21) e i privi di istruzione al 7,57 (Cesaroni al 48,34: la sua quota più alta di pubblico). Comprensibilmente diversi i record per età: 36 % gli oltre 65 di Mattei, 50% fra gli 8 e i 14 per i Cesaroni.



Pubblici insomma molto diversi, per età e caratteristiche, dunque confronto quasi impossibile.

Ora proviamo a coniugare numeri e prodotto. La storia del partigiano cattolico imprenditore amico di Fanfani e di La Pira e del suo duro confronto fra capitalismo di stato e potentati petroliferi internazionali, è una storia dimenticata, dai cinquant’anni in giù. Riaccende gli animi di alcuni anziani, ma soprattutto riporta al centro della scena alcuni temi chiave della storia del nostro paese.

Le scelte di politica economica di De Gasperi e Fanfani negli anni della ricostruzione e del boom industriale, l’autonomia politica dei cattolici, i modi per costruire il bene comune (mi piacerebbe che sul Sussidiario.net qualcuno rileggesse quegli anni e quei temi con la necessaria autorevolezza e competenza: una fiction riaccende l’attenzione forse più di altri media).

Il racconto della Lux fondata da Ettore Bernabei, che di Mattei fu giovane interlocutore, riesce a inoltrarvisi con piglio autorevole e insieme popolare, confidando nella credibilità di un ottimo Massimo Ghini, in una sceneggiatura equilibrata e in una regia (l’ottimo Giorgio Capitani) dalla cifra giusta. Guizzi di vitalità di un buon servizio pubblico, che però avrebbe potuto far di più. Per esempio, al di là del prezioso lancio di Vespa e delle interessanti puntate de La storia siamo noi, avrebbe potuto lunedì sera in seconda serata mostrarci, dopo le emozioni popolari della fiction, il vero Mattei.

Sapete io cosa ho fatto? Sono andato su You Tube e ho trovato, nell’ordine: un vecchio Mixer che rileggeva col suo piglio aggressivo la vicenda, un discreto Lucarelli che in sostanza ne seguiva le orme e infine un lungo repertorio Rai del ’59 con un’illuminante intervista al vero Mattei. Paradosso dei paradossi: era la rete che, coi suoi modi immediati e diretti, mi metteva a disposizione il patrimonio della Rai.