Avanti, continuiamo a farci del male e onoriamo l’assurda etica che la professione, fatta da una vita, ci impone: il giovedì si guarda in televisione Annozero di Michele Santoro e della sua troupe di improvvisatori della notizia. Ci sono i giornali che “sparano” titoloni e promettono una trasmissione-bomba, con rivelazioni clamorose, con inchieste da brivido. L’oggetto di tanta succulenta attenzione, di questo watch-dog all’amatriciana,   è il cavaliere di Arcore, Silvio Berlusconi, niente meno che il nostro primo ministro.  



Si sa che i “pulitzer” della Bovisa, di Porta Palazzo e della Garbatella sono già in agguato e mettono a punto testi e servizi. Che cosa ci riserveranno questa volta?

Ci si aggrappa ripetutamente a qualche scusa per non guardare Santoro, ma il giovedì sera è giorno di complicate congiunzioni astrali televisive. Per i milanesi, non solo per loro, non c’è il “bar sport” in prima serata di Telelombardia che ti tiene incollato allo schermo con tutti i pettegolezzi, le analisi e i presunti movimenti calcistici. Il telegiornale di Sky sport è troppo ripetitivo e a un certo punto fa venire il mal di testa. La Coppa Uefa, ahi  noi !, è la “serie B” del continente.



Ci sarebbe il fascicolo su Tex Willer, il numero 119 uscito in mattinata, ma ormai è un Tex decadente e quindi la scelta si sposa inevitabilmente con il dovere.

La cadenza santoriana è piuttosto presuntuosa. Insomma, quella  di uno che si prende sul serio. Si apre con una musica di sottofondo da “prima” di una serata di melodramma e un’immagine dall’alto che ricorda un palcoscenico. Arriva il “maestro” che introduce e cede subito lo spartito al primo violinista, il celeberrimo Marco Travaglio, interprete raro della musica di Antonio Di Pietro, di Beppe Grillo e della grande tribù giustizialista, quella ancora orfana di Tangentopoli e delle “fiaccolate” intorno al Palazzo di giustizia di Milano.



La musica quindi di Travaglio diventa inevitabilmente limitata dal linguaggio del suo “popolo”, che deve essere morbosamente appassionato ai “mattinali di Questura” o ai comunicati della Procura di Santa Maria Capua Vetere e alle “reliquie” del pool di Mani pulite. Sarà musica efficace, ma in realtà sembra dodecafonia per chi ama il cosiddetto “giornalismo anglosassone” della “Five W” o il più semplice giornalismo del Corriere della Sera, prima che si “mettesse la minigonna”.

In definitiva, il primo appuntamento della serata sfuma in una delusione che addolora visibilmente un poco anche i presenti al dibattito. Sostanzialmente non si capisce una “mazza” di tutto quello che il guru del piccolo schermo vuole riservare al “cavaliere nero”, tranne sollevare un “polverone” di “si dice” e “si pensa”, di “si chiede” e di “si domanda.  Si limita continuamente a insinuare.

La visita a Napoli di Berlusconi, l’amicizia con la ragazza e la famiglia della ragazza, le lettere di Veronica Lario lette da un’ispirata Monica Guerritore (l’Eleonora Duse de “noaltri” che forse qualche frequentazione con i potenti ce l’ha avuta), una raffica moralistica d’ accatto contro le “veline” che scendono in politica. Contro questa scelta la più scatenata è , suffragetta in prima fila, la radicale Emma Bonino. Una crociata dell’antivelinismo.

E poi il grandissimo Ruotolo, impareggiabile segugio, il “falso Kaka”, del giornalismo d’inchiesta italiano piazzato, come un sergente maggiore dei “Gurka” britannici,  davanti al ristornate di Casoria, il ristorante del misfatto , con tre grandi camion della Rai, che non tira fuori una notizia che è una. Naturalmente, essendo la Rai pubblica, il  tutto a spese del contribuente-deficiente.

Dal “polverone” del dibattito esce sostanzialmente in primo luogo una condanna della “velina”, delle ragazze che fanno i “book”. Inutile fare un richiamo alla realtà dei tempi e pensare che la società italiana è profondamente mutata, anche se non in meglio. E poi il consueto chiacchiericcio ammiccante sulla “perversa” condotta privata del Cavaliere. Ma in complesso, il cosiddetto dibattito sembra una riedizione dei primi tempi del processo di Biscardi, che non aveva un seguito logico e ognuno andava per conto suo. Così, una tosta Barbara Palombelli sembra avere una voglia matta di rinfacciare alla Concita De Gregorio qualche cosa di “pesante”, su cui il guru cerca di sfumare. L’avvocato Nicolò Ghedini smonta ogni sorta di illazione e irride ad accuse “fatte sul vento”.

Alla fine persino nel pubblico, che dovrebbe essere selezionato da quell’ottima giornalista della Granbassi, c’è chi si ribella in difesa del “velinismo”. Ci si chiede: ma è questa la nuova linea della sinistra, colta e impegnata, contro il berlusconismo  ? E’ questa l’ultima “barricata” contro il leader del centrodestra ? E’ inevitabile che il pensiero ritorni ai tempi della Prima repubblica, dotata   di un tasso consistente di ipocrisia, ma anche di forme meno sgangherate.

Oggi il prodotto della cultura, che viene dal Sessantotto, che ha destrutturato tutto, anche la sensualità ridotta a “velina”, sta travolgendo proprio i suoi creatori.

E’ questa sinistra, moralista, aristo-stalinista, spocchiosa, irreale, che sembra immortalata  dal “Volevo la luna” di Pietro Ingrao,  è riuscita a scassare una  repubblica e a consegnarla direttamente e definitivamente, chissà per quanti anni, alla destra.

Si va a dormire con tristezza, senza guadare le solite vignette di Vauro che fanno ridere lui e i suoi famigli.

Storia di un  flop storico, più ancora che televisivo.