Harry Potter è detestabile almeno quanto Sherlock Holmes, James Bond e tutti gli altri campioni britannici dell’imbattibilità. Per scalfire l’infrangibile barriera del primo c’è voluto il mitico duo austro ungarico ebraico rumeno formato da Billy Wilder e I.A.L. Diamond in Vita privata di Sherlock Holmes e per far commettere un errore al secondo la ruvida e americanissima penna del premio Oscar Paul Haggis in Casino Royale. In entrambi i casi, è utile farlo notare, a complicare le cose all’eroe è un innamoramento sbagliato.



Non ci sono innamoramenti sbagliati per Harry, né ci sono errori di altro tipo.

A dare una mano al già avvantaggiato maghetto – nel film attualmente nelle sale – intervengono addirittura un manuale di stregoneria aggiornato e corretto da un misterioso proprietario precedente (il principe del titolo) ed un filtro portafortuna che lo fa capitare al posto giusto al momento giusto per puro caso.



Abituati male da decenni di cultura popolare che – richiamandosi al mito e alla tragedia classica – hanno proposto sul grande schermo eroi messianici tormentati dai dubbi e dal peso del compito a cui erano chiamati, gli spettatori dei film di Harry Potter si trovano davanti ad un eroe che a tali difficoltà sostituisce l’aria ganza di chi sa che alla fine tutto finirà nel migliore dei modi. Essere il prescelto per Harry non è un peso. È un divertimento.

Il nuovo episodio della saga infinita (ha senso dire che si tratta del sesto? O che il titolo è “Il principe mezzosangue”? Qualcuno si ricorda le differenze con gli altri film?) diventerebbe però improvvisamente un capolavoro se al centro del plot si mettesse il cattivo.



Non il terribile Lord Voldemort, che di terribile non ha proprio niente, visto che Harry riesce a sconfiggerlo in ogni film grazie alla bacchetta magica, nel senso letterale e metaforico del termine, neanche fosse il nemico dell’Ispettore Gadget.

Ma il sottovalutato Draco Malfoy, il rivale storico dal primo anno di scuola, il compagno odioso e sinistro predestinato alla caduta e alla sconfitta.

Draco è un “Franti” moderno, la vera risorsa della saga (ci limitiamo a quella cinematografica), l’unico che tenta di infondere un po’ di dramma e un po’ di pathos nell’insopportabile cinguettio dei corridoi di Hogwarts.

Una menzione al suo straordinario interprete, l’ormai adulto Tom Felton, l’unico dei giovani protagonisti ad essere cresciuto anche come attore, e che non ci stupiremmo di trovare tra una decina d’anni come protagonista di qualche dramma storico o come avversario destinato a farsele suonare anche dal già citato 007 (e anche in quel caso faremmo il tifo per lui).

Draco è il vero eroe del film, perché è fragile e tormentato, sperimenta la paura, la solitudine e l’angoscia, sente sul cuore l’ansia di essere inadeguato al compito a cui è chiamato e non per questo si sottrae al cimento, correndo anche il rischio di sbagliare (rischio che Harry non corre mai, almeno a giudicare dalla serenità pacata e occhialuta della sua faccia pulita).

Draco soffre perché sa cos’è il male e sa cos’è la morte. Da un punto di vista strettamente narrativo vive anche il momento che nei manuali di sceneggiatura dei guru americani si chiama di “morte apparente”, quel punto della storia in cui l’eroe è il più lontano possibile dal raggiungimento dello scopo, e che i vari Luke Skywalker, Frodo Baggins, Peter Parker/Spiderman e il maestoso Batman di Christopher Nolan conoscono bene, perchè ci sono passati.

Loro sì, come Draco Malfoy, sanno cos’è la paura perché sono tragicamente incompleti.

Perché hanno un guscio di carne e la loro kryptonite è la vita stessa, con il suo cammino in salita e le sue stazioni.

Noi, come tutti loro, non abbiamo la bacchetta magica (e se l’abbiamo, ci succede anche di usarla nel modo sbagliato) e per questo stiamo dalla parte di Draco, che non se la cava sistemandosi gli occhiali sul naso e ha smesso da un pezzo di andarsene spensierato a cavalcioni di un manico di scopa.

Draco Malfoy è la vera eredità della saga di Harry Potter, il personaggio che portiamo a casa con noi quando si accendono le luci della sala e si spegne il proiettore.

Draco Malfoy è il cinema che soppravvive alla luce.

(Raffaele Chiarulli)