Sorpresa di fine estate: pare che i giornali negli ultimi due mesi siano tornati a vendere più copie. Cosa ci può essere dietro questo inaspettato fenomeno? Mettiamo insieme un po’ di analisi che stanno cominciando a fare capolino qua e là, e cerchiamo di completare il quadro. Siamo ancora in estate, i maggiori programmi televisivi di dibattito e approfondimento sono ancora in vacanza, e il pubblico guarda comunque poco la televisione per ovvi motivi.
Nel frattempo è scoppiata una vera e propria guerra tra quotidiani a base di rivelazioni a luci rosse, scandali a sfondo sessuale, retroscena, querele, colpi di scena, battaglie tra direttori. Tutti argomenti che i TG non riescono a seguire (o magari non vogliono). Così per una volta, invece di discettare su cosa si è detto in tv la sera prima, i giornali riprendono in mano il pallino dell’informazione, intingendo però il pennello in tinte assai forti, proponendo ogni giorno la nuova puntata di un “sequel” capace di titillare la curiosità dei lettori.
Non mi pare quindi ci sia granché da rallegrarsi, se il motivo delle aumentate tirature è legato alla pubblicazione di veri o presunti scandali a sfondo sessuale, documenti semiveri o semifalsi, gragnuole di articolesse sparate sotto la cintola da giornalisti con la vocazione del wrestling. Gira e rigira, si torna sempre lì: a origliare – grazie alla tv – le effusioni da copione dei partecipanti al reality, o – grazie alla stampa – le performance notturne del Premier grazie a una escort dotata di videofonino. Insomma, c’è poco da fare, il sesso tira sempre, e forse ad alcuni direttori non pare vero di poter trattare la materia su un quotidiano prestigioso con gli stessi toni di un giornaletto scandalistico, o di un fumetto per adulti.
L’unica boccata di aria fresca la si poteva respirare al Meeting di Rimini, dove giovani e meno giovani discutevano unicamente di teologia, politica internazionale, economia, fisica, arte, musica, storia, eccetera: forte era il senso di positivo straniamento che prendeva nell’immergersi in quell’intelligente brodo di cultura (il refuso è voluto) dopo aver gettato nel bidone i giornali letti sorseggiando il cappuccino. Ma di questo abbiamo già parlato in altro articolo (Il popolo del Meeting, vittima di una cronaca mediocre).
Tutti gli editori si stanno scervellando per reagire alla crisi: speriamo non si accontentino della strada che ha fatto aumentare le vendite negli ultimi due mesi!
Passando dalla carta stampata al web, si dice che Murdoch stia cercando di convincere tutti i quotidiani on-line a farsi pagare le news. Lo abbiamo già detto, ma giova ripeterlo: credo che chiunque sia disposto a pagare a fronte di veri “insight”, vale a dire di notizie con molto valore aggiunto. Che però costano parecchio, e quindi ci si trova di fronte ad un paradosso invalicabile: non puoi vendere stagno al prezzo dell’oro, come non puoi produrre oro agli stessi costi dello stagno. Davvero un bel problema risolvere questo puzzle, soprattutto di fronte al fatto che sono stati gli stessi editori a regalare fino ad oggi i loro contenuti sul web. E’ noto che in tutto il mondo, le attività internet più remunerative web riguardano tutti gli aspetti del porno. Ma non credo che nessuno pensi – anche se in questi mesi non si è andati troppo troppo lontano – che la soluzione di tutto consista nel piazzare una web-cam nella camera da letto o nel bagno di ministri, ministre, personaggi del jet set…
Un altro problema del web su cui ben pochi riflettono, consiste nel fatto che le grandi cifre sempre in crescita che si leggono sulla spesa e sull’advertising on-line vanno riportate alla loro reale consistenza: il totale fa impressione (nel 2008 solo per la pubblicità on-line la spesa europea ha superato i 13 miliardi di euro) ma la doccia fredda arriva quando si scopre che il totale va diviso per milioni di siti e sitarelli. Scoprendo che alla fine ad ognuno toccano pochi spiccioli.
Analogamente succede su YouTube, che ha deciso di remunerare – mettendoci della pubblicità – le clip che superano alcuni milioni di views. Ma anche così facendo – notano alcuni analisti – i dilettanti o i professionisti che hanno deciso di dedicarsi in toto a lavorare in questo settore, nella media riescono a raccogliere introiti che oscillano al massimo tra i 3 e i 5000 dollari mensili. Ci sono al momento pochissimi casi di vero successo (anche più di 100.000 dollari mensili) ma riguardano complesse attività che comprendono – oltre alla minifiction – iniziative di merchandising e di cross promotion ad alta viralità (mi spiace, ma i lettori interessati all’argomento dovranno presto familiarizzarsi con questo cripto-lessico a base di anglicismi e neologismi…).
Ce ne occuperemo prossimamente approfondendo questa specifica materia.