Close to Home è un legal drama dallanima e dalla sensibilità femminili. Unisce gli ingredienti classici della storia familiare a quelli tradizionali del genere giudiziario, intrecciando problemi di matrimoni e asili nido con casi di omicidio da risolvere in tribunale.

Tutto concorre a creare un clima intimo, familiare, close to home (letteralmente, vicino a casa), appunto: laspetto dolce e delicato della protagonista, lavvocatessa daccusa Annabeth Chase; lincontro/scontro tra il suo lavoro e la vita privata; i colori caldi della fotografia; gli interni accoglienti; il ritmo sostenuto ma mai ansiogeno.

In effetti la serie, bistrattata dalla CBS che ha bloccato la produzione nonostante i buoni ascolti, si distingue dai prodotti di genere per la dimensione casalinga delle storie e dei temi affrontati: ambientata a Indianapolis, mira a rappresentare la provincia americana che ormai ci è familiare grazie a tante serie Tv (Mamma per Amica, Casalinghe Disperate), dove la dimensione comunitaria è ancora forte e gli eventi, piccoli o grandi, buoni o cattivi, riguardano il singolo così come la comunità in cui vive.

Gli omicidi che danno il la ai singoli episodi coinvolgono famiglie benestanti, apparentemente normali, della middle class cittadina e gli assassini sono i vicini di casa, i vigili urbani, le madri impegnate nel comitato scolastico. Uninquietante comunanza con la cronaca nera di casa nostra, perché la realtà a cui la fiction si ispira non cambia molto tra Indianapolis e Busto Arsizio.

Ogni singolo caso permette di esplorare i segreti, i conflitti, i drammi nascosti al pubblico di una famiglia, svelando uomini che picchiano le mogli e violentano le ragazzine, donne ossessionate dalla migliore amica, tradimenti insospettabili: ma non stiamo parlando di unumanità al limite, di un quartiere degradato della metropoli moderna, bensì di una rispettabile comunità unita intorno alla sua chiesa (protestante).

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Come già in Casalinghe Disperate, il marcio si nasconde dietro una superficie scintillante. Eppure, alla fine di ogni episodio, ci si sente rassicurati: se i delitti mettono in crisi l’equilibrio della comunità, infatti, i rappresentanti della giustizia designati a riportare l’ordine sono persone che tutti vorremmo nella nostra città.

Annabeth e i suoi colleghi sono animati da un profondo senso etico e, soprattutto, da una grande sensibilità umana, che li porta a empatizzare con i parenti delle vittime e le persone da interrogare. Annabeth è l’avvocato ideale: determinata, dedita al lavoro ma profondamente intuitiva e sensibile, capace di mettersi in sintonia soprattutto con donne e bambini.

Lei stessa, infatti, affronta una tragedia personale: perde il marito alla fine della prima stagione in un incidente, restando sola con una bambina di pochi mesi. Come concilia il lavoro, la figlia, l’elaborazione del lutto e i nuovi incontri una donna rimasta sola e sempre così impegnata?

In realtà, la seconda stagione non risponde davvero a questa domanda, lasciandoci sempre un po’ insoddisfatti: la vita privata di Annabeth, che nei vecchi episodi era strettamente intrecciata con la vita professionale, proponendosi come uno dei cardini della serie, ora si riduce a qualche telefonata alla babysitter o all’asilo e a pochi momenti casalinghi.

Il fuoco, infatti, sembra essersi spostato sulla Procura, lasciando sullo sfondo le vicende familiari e perdendo così, in parte, la sua originalità. Resta comunque forte il legame personale che spesso lega i protagonisti alle vittime, e che ci permette di vederli coinvolti emotivamente in prima persona: in un episodio, Annabeth si trova a lavorare su un caso che la porta a rivivere la morte del marito e il conseguente processo, rischiando di compromettere la sua obiettività.

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In teoria, la giustizia deve essere imparziale, ma può riuscirci davvero, visto che ad amministrarla sono persone con una vita fatta di luci ed ombre e, soprattutto, emozioni? La gestione della pena di morte porta i nodi al pettine: a volte, Annabeth e i suoi colleghi sono favorevoli, più frequentemente cercano il patteggiamento, ma a guidare le loro scelte è il loro giudizio su quanto sia estremo il crimine commesso; il sentimento rassicurante trasmesso da Close to Home deriva dal fatto che gli avvocati in scena sono persone più sensibili, intelligenti, etiche della norma.

 

Ma viene da chiedersi, cosa succede nei tribunali in cui si muovono tutt’altro tipo di individui? È sottile infatti l’equilibrio tra sete di giustizia e rispetto per la vita umana; in questa serie, grazie al punto di vista privilegiato della protagonista, non si perde mai quel senso di umanità che permette di punire i colpevoli senza infierire. Insomma, se il mondo viene rappresentato com’è, di certo Annabeth e i suoi colleghi sono gli avvocati come vorremmo che fossero: agguerriti, abili nel loro lavoro… ma al servizio della verità e animati da autentica sensibilità umana.