Si prova sempre una sorta di timore reverenziale quando si affronta il ricordo dellantisemitismo, delle persecuzioni contro gli ebrei e dei lager in cui si è consumato lo sterminio di un intero popolo. Molto è stato scritto e raccontato su quel periodo, ma la storia di Anna Frank resta una tra le più autentiche e toccanti testimonianze, capace di parlare a tutti, attraverso le generazioni, senza differenze di razza o di provenienza.

Forse perché a narrarla è unadolescente, che filtra le vicende personali e sociali nel modo tipico della sua età, attraverso le emozioni; oppure perché, nonostante il suo celebre diario testimoni una vicenda di morte, le pagine trasudano vita, energia, voglia di scoprire, riflettere, sperare a dispetto della tragica situazione storica.

Nel giorno della memoria, la storia di Anna Frank ritorna nel film prodotto da Rai Fiction e diretto da Alberto Negrin, che narra lamicizia tra la quindicenne Anna e la coetanea Hanneli Goslar ispirandosi al romanzo omonimo di Alison Leslie Gold. Il film è straziante, ma non perché calca troppo le emozioni: la storia parla da sé.

Anche se il diario resta il filo conduttore della storia, le vicende narrate si riferiscono per lo più al periodo successivo alla sua stesura, quando Anna, la sua famiglia e i suoi amici vengono catturati dai nazisti e deportati nei campi di concentramento.

I diversi destini di Anna, che muore nel campo di prigionia di Bergen Belsen insieme alla sorella dopo un atroce periodo trascorso ad Auschwitz, e di Hanneli, che riesce invece a salvarsi e torna in Palestina con la sorella minore, sono i destini dei morti e dei sopravvissuti. I morti, coloro che non sono mai diventati grandi, coloro che non sono mai diventati vecchi, sopravvivono nella memoria di chi può ancora raccontare la verità, testimoniare la progressiva distruzione della dignità umana e della legge morale, che, come dice il rabbino nel film, significa non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te.

I sopravvissuti, costretti ad affrontare il dramma della perdita della propria famiglia, cercheranno di rispondere alla domanda senza risposta formulata da Otto Frank, il padre di Anna: perché lei, e non io?

 

I temi cruciali sollevati dall’Olocausto sono espressi nel film in modo diretto: dov’era la coscienza degli ufficiali nazisti? Dov’era Dio? I protagonisti offrono le loro risposte, che non spiegano né giustificano quanto è accaduto, ma esprimono il punto di vista della fede: “Tu credi nel sole, anche se un giorno non lo vedi splendere? Per questo io credo in Dio anche se lui si nasconde”, dice il rabbino sul treno che lo porta ad Auschwitz.

Anche Anna, con la sua immaginazione, con il suo incrollabile ottimismo, non ha mai messo in dubbio la bontà del mondo. Dio ha dato all’uomo la legge morale, spiega suo padre alla fine del film, ma sta all’uomo, a cui Dio ha donato la libertà, applicarla; ed essere liberi significa addormentarsi sapendo di non avere fatto del male a nessuno.

Chi tra gli “ariani” ha saputo ascoltare la propria coscienza, ha cercato di aiutare gli ebrei come poteva; se non è riuscito a salvare loro la vita, ne ha conservato però la memoria, come suggerisce il personaggio di Miep, dipendente dei Frank, che custodisce il diario di Anna e lo consegna al padre quando torna ad Amsterdam.

Le pagine a cui la ragazzina aveva affidato i sogni, le speranze, le paure e le riflessioni sul progressivo oscurarsi della coscienza umana, sono stampate e, come in una sorta di passaggio di testimone, donate ad Hanneli, che ora vive in Palestina ed è madre e nonna.

 

Ricordare: di fronte al Male, a eventi in cui ogni giudizio non può mai essere tanto forte quanto ciò che veramente è accaduto, la memoria si offre come unico strumento a disposizione dei posteri per impedire che il tempo rischi di sbiadire uno dei più atroci capitoli della storia umana. Ciò che accadde in quel periodo è inspiegabile, perché spiegare significa già quasi giustificare.

 

E allora, lasciamo parlare i testimoni, le voci del passato che oggi sembrano più vive che mai; come quella di Anna Frank, che ci lascia in queste parole uno dei messaggi più belli di ogni tempo: “È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo”.