Charlestown è un quartiere malfamato di Boston. A Charlestown in un anno, ci sono più rapine che giorni. Doug e la sua compagnia sono i più bravi sulla piazza, assaltano banche, furgoni portavalori, sempre mascherati in maniera strana (che sia da scheletri, da giocatori di hockey o da suore). Quando però Doug inizia ad intrattenere una relazione amorosa con la direttrice di una delle banche che hanno rapinato, gli animi nella compagnia iniziano ad incrinarsi. E che la relazione non dia anche la possibilità alla polizia di incastrare i rapinatori?

Diciamo la verità: abbiamo passato un sacco di tempo a prendere in giro Ben Affleck. Lui andava pure a cercarsela visto che, non solo ha raramente recitato in maniera decente, ma ha anche un fiuto per partecipare ad alcuni tra i film peggiori realizzati nell’ultimo ventennio (Daredevil, Amore estremo). Non è di certo bastato essere uno degli attori feticcio del buon Kevin Smith e vincere una meritatissima Coppa Volpi a Venezia per Hollywoodland per farsi perdonare dagli spettatori.

Ben Affleck ha dovuto esordire alla regia e in un attimo è riuscito a cancellare anni di schifezze: Gone baby gone, il suo esordio dietro la macchina da presa, è stato uno dei migliori film del 2007 grazie alla sua capacità di dare ampio respiro tematico a quello che potrebbe sembrare essere solamente un thriller/noir.

E non è un caso che la seconda opera del Ben Affleck regista condivida con il suo esordio, non solo l’ambientazione bostoniana, ma soprattutto una serie di tematiche che sembrano ormai far parte dell’universo narrativo di quella che ormai sembra essere una delle promesse più interessanti del cinema americano. The town è il più classico degli heist film (ovvero i film di rapine) e Ben Affleck lo sa bene, tant’è che decide di non strafare e di condurre il suo film sui binari sicuri della tradizione.

Da questo punto di vista, l’opera seconda di Affleck è un passo indietro rispetto a Gone baby gone (molto più originale anche nella trama), ma è da stupidi non riconoscere come il regista riesca a dare una dimensione tutta personale ad un genere classico. E lo fa nel modo più inaspettato possibile, ovvero trasformando il thriller in un film drammatico anzi, in un dramma vero e proprio, dove, attorno alla rapina, si intrecciano le relazioni amorose, le amicizie, i tradimenti, l’eterna lotta tra ladri e poliziotti, il rapporto padre/figlio e la ricerca incessante e dolorosa della figura materna.

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Il film scorre su binari sicuri, ben raccontato da una regia che sa assecondare i personaggi e le loro azioni, trasportando lo spettatore con grande mestiere da un’energica sparatoria con inseguimenti in auto nelle strette vie di Charlestown, a intensi dialoghi ambientati negli interni di poveri appartamenti.

Ben Affleck dimostra di avere fiuto nella composizione del cast, mettendo insieme nomi non celebri al grande pubblico ma che danno prova della loro bravura. Jeremy Renner (28 giorni dopo, L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford) è il migliore del lotto pur avendo un ruolo da comprimario (sinceramente ci aspettiamo di vederlo tra i nominati come Miglior Attore non protagonista ai prossimi Oscar), mentre John Hamm (il Don Draper di Mad men) rispolvera il suo carisma dando vita ad un personaggio meno bidimensionale di quanto si creda.

Le due donne invece, Blake Lively e Rebecca Hall, danno la prova più convincente della loro carriera. Piccole comparsate anche per Chris Cooper e per Pete Postlethwaite, che gestisce in maniera sobria ed emozionante una delle migliori sequenze della pellicola.

Capitolo a parte merita il Ben Affleck attore, per di più protagonista della pellicola. La sensazione è che Affleck conosca i suoi limiti da attore e si ritagli addosso il ruolo di Doug sfruttandoli alla perfezione. Il risultato è una delle sue interpretazioni più convincenti perché capace di coniugare la fisicità del corpo con un attento lavoro sulla psicologia.

Non ci resta quindi che attendere un nuovo ritorno di Ben Affleck dietro la macchina da presa, e vedere un po’ se questo ragazzone americano di trentotto anni, dopo una cinquantina di film da attore e un Oscar vinto per la sceneggiatura di Will hunting – Genio ribelle (in coppia con l’amico Matt Damon), sia davvero diventato una certezza per il cinema americano. Noi lo speriamo.