Cult-movie di almeno due generazioni, dopo venticinque anni la pellicola di Robert Zemeckis non sembra aver perso la straordinaria capacità di raccontare in maniera pressochè perfetta (con una sceneggiatura da manuale e una regia per nulla banale) una storia capace di divertire e intrattenere con semplicità e intelligenza.

Reduci dalla visione (in digitale) del film, non si può che tirare un bilancio (anche nostalgico) su come il cinema nell’arco di un ventennio sia radicalmente cambiato. La prima cosa a saltare letteralmente agli occhi è come il cinema per ragazzi di quegli anni fosse un cinema decisamente più maturo di quello odierno che, nascondendosi dietro lo spirito dark delle storie, crede di affrontare temi importanti quando in realtà non fa altro che unire una sequenza spettacolare dietro l’altra senza troppo preoccuparsi della storia dei personaggi (basti vedere l’orrenda saga di Harry Potter).

Con uno spirito ben più leggero dei contemporanei, Ritorno al futuro (come tanti altri film di quegli anni) aveva la capacità di trattare gli adolescenti e i pre-adolescenti con rispetto, senza farsi impaurire nell’imbastire sequenze che oggi farebbero gridare allo scandalo (basti vedere la seduzione esplicita e voluttuosa di Lorraine nei confronti di Marty, ovvero quello che sarà suo figlio).

L’altro aspetto importante è quello legato agli effetti speciali. innegabile come, nel 1985, una delle attrattive principali del film non fossero proprio gli effetti speciali, tra fulmini, macchine che viaggiano nel tempo e automobili volanti. Eppure di queste cose, durante la visione, ci si dimentica completamente.

Chi fa più caso agli effetti speciali quando si è catturati da una storia così ben raccontata? Il risultato è che, pur se datati, gli effetti speciali del film non stonano e non risultano ridicoli, cosa che invece con tutta probabilità capiterà ai tanti “classici” odierni che puntano tutto all’immagine senza badare troppo alla storia. 

C’è poi un aspetto più nostalgico e, se vogliamo, non direttamente connesso ai pregi del film, ma che lo riguarda comunque in maniera più intima. Nell’epoca del digitale, questa riedizione di Ritorno al futuro sembra essere il canto del cigno dell’analogico, tant’è che, caso vuole, il film esce proprio la settimana in cui la Sony annuncia la fine della produzione del walkman, che nella pellicola di Zemeckis ha un ruolo importante nel descrivere la personalità di Marty.

Ma nello stesso modo compaiono videoregistratori, videocamere che registrano su nastro, videocassette, tutti oggetti che, se non sono già passati a miglior vita, poco ci manca. Ed è un prezzo che si deve pagare per una tecnologia sempre più nuova, quello di dover abbandonare oggetti che ci hanno accompagnato per un bel pezzo della nostra vita.

Dove finiranno tutti i videoregistratori che ci hanno traghettato dai classici Disney ai primi e proibiti film horror? E il mangiacassette che ci ha fatto addormentare ogni notte prima di andare a letto, quello stesso mangiacassette che magari è stato il primo complice del nostro primo amore a cui abbiamo regalato la cassetta con una compilation minuziosamente assemblata in più pomeriggi? Finiranno per essere dimenticati, se non ci fosse il cinema a ricordarci quanto quegli oggetti hanno contato nella nostra vita. 

Qualcuno potrebbe anche chiederselo perchè vale la pena festeggiare il venticinquesimo anniversario dell’uscita nelle sale cinematografiche di un film come Ritorno al futuro. Ci piacerebbe non sentirla mai questa domanda, consigliano a chi se l’è posta, di guardarsi il film e di rispondersi da solo.