I quattro regni di Fuoco, Terra, Acqua e Aria dividono in quattro la Terra. Ogni popolo vive in sintonia con il proprio elemento e, alcuni degli abitanti, riescono addirittura a dominarlo, in modo da utilizzarlo per difendersi, per cacciare, per edificare imponenti città. L’equilibrio viene rotto dalla tribù del Fuoco, che decide di eliminare gli altri popoli in modo da governare in maniera incontrastata sull’intero pianeta. L’unico capace di restituire la pace ai popoli è l’Avatar, ovvero una persona capace di governare tutti e quattro gli elementi. L’Avatar, reincarnatosi nel giovane Aang, inizierà il suo cammino per ristabilire la pace iniziale, aiutato da Katara e Sokka, due fratelli pronti a tutto pur di rivedere il loro popolo glorioso come lo era una volta.

L’ultima fatica di M. Night Shyamalan nasce da un desiderio del regista di dirigere un film tratto dalla serie d’animazione più amata dai suoi figli, ovvero Avatar: The last airbender. Coinvolto anche lui dall’universo creato da Michael Dante DiMartino e Bryan Konietzko, Shyamalan mette in cantiere L’ultimo dominatore dell’aria, primo episodio di quella che dovrebbe essere una trilogia (ma sarà dura dati gli scarsi risultati al botteghino) e il riscatto del regista verso quel cinema commerciale di cui sembrava far parte agli esordi (vedi gli incassi stratosferici de Il sesto senso), ma da cui invece è scappato con quella vena autoriale e quell’originalità spesso fraintesa (da pubblico e critica) che hanno infine decretato l’insuccesso di alcuni tra i lavori più interessanti che il cinema americano abbia saputo regalarci dal Duemila in avanti, basti ricordare la splendida e tragica rilettura supereroistica di Unbreakable Il predestinato, il racconto del potere delle storie con Lady in the water, oppure l’unico grande film sugli effetti dell’undici settembre, quel The village che ancora oggi rimane il suo più bistrattato.

Il passaggio ad un film come L’ultimo dominatore dell’aria non può essere visto che come un tentativo di riscatto nei confronti del cinema commerciale, un tentativo però non andato a segno. davvero difficile trovare qualcosa di riuscito nell’ultimo film di Shyamalan.

Il regista di origini indiane sembra aver fatto di tutto per rendere il suo film il più brutto possibile, a partire da una sceneggiatura (scritta sempre da lui) piatta, a cui spesso sfugge di mano il ritmo della narrazione, lo stesso problema che attanaglia anche la cabina di regia, che sforna così un film visivamente anonimo, girato quasi per inerzia e con idee registiche quasi inesistenti. 

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Spogliato della sua vena autoriale, Shyamalan si dimostra essere un regista incapace di essere semplicemente un buon mestierante, un artigiano della regia. Le cose non vanno meglio nemmeno tra gli attori, dove una recitazione troppo caricata, paradossalmente non è sostenuta da volti adatti, basti notare la performance di Dev Patel: chi l’anno scorso lo ha osannato per la sua “grande” prova in The millionaire, dovrebbe rivedere il suo giudizio.

 

Nonostante l’ottimo lavoro sulle scenografie e una colonna sonora non originale ma funzionale alle atmosfere (composta da James Newton-Howard), il film delude anche sotto il punto di vista degli effetti speciali, spesso grossolani e poco fotorealistici. Capitolo a parte merita la Terza Dimensione del film: L’ultimo dominatore dell’aria è stato girato normalmente e, solo in post-produzione, convertito digitalmente anche per la proiezione in 3D, con risultati che definire pessimi è fare un complimento. Sono pochissimi i momenti in cui il 3D si nota, per il resto l’unica sensazione che si prova è quella di guardare il film solo con un paio di occhiali in più.

 

Pur essendo L’ultimo dominatore dell’aria un film pessimo, trovo comunque eccessivo l’accanimento che la critica (sia della carta stampata che del web) ha dimostrato nei confronti della pellicola. Personalmente non l’ho trovata né peggio né meglio di tanti film fantasy per ragazzi come Le cronache di Narnia o come l’orrenda trasposizione cinematografica (dal quarto film in poi) che ha dovuto subire Harry Potter, che solitamente riceve sempre ampi e ingiustificati consensi.