Finalmente Disney ritrova la formula magica dei suoi migliori cartoon, riallacciandosi ai grandi classici come La sirenetta e La Bella e la Bestia. Rapunzel Lincanto della torre è una vera fiaba Disney, con la principessa, la matrigna cattiva e un castello che ricorda quello dei parchi a tema: ma latmosfera della tradizione (che, ammettiamolo, ormai disperavamo di ritrovare) è adattata al nuovo stile della computer animation e del 3D, che in questo caso fortunatamente nulla toglie alla magia del prodotto. Anzi, potenzia le suggestioni e gli effetti visivi.

Sarà merito del mago dellanimazione John Lasseter, il regista di Toy Story, A Bugs Life e Cars, che puntava a creare in questo film (di cui è produttore esecutivo) un mix perfetto di atmosfera fiabesca tradizionale, umorismo moderno e potenzialità offerte dai più innovativi effetti CG. La scelta di affidare limpresa a due giovani registi come Nathan Greno e Byron Howard si è rivelata vincente.
Sarà anche merito del tema scelto per il cartoon, uno dei più azzeccati per il pubblico Disney: basata molto liberamente sulla fiaba dei Fratelli Grimm, Rapunzel è la storia di una ragazza quasi diciottenne che deve staccarsi dallambiente protettivo, ma limitato, in cui è cresciuta, affrontare le proprie insicurezze e trovare il coraggio di dare concretezza ai propri sogni, anche a costo di essere delusa e ferita.

Il personaggio è costruito con estrema attenzione: a Rapunzel viene fatto credere dalla perfida madre, che in realtà non è la sua vera madre, di non essere abbastanza bella da poter attirare lo sguardo altrui e di non essere abbastanza forte da poter affrontare il mondo crudele oltre la torre. Ha in sé un grande potenziale, rappresentato dai capelli magici che guariscono le ferite e illuminano il buio, ma ancora non si conosce e non si apprezza. Vorrebbe vedere il mondo, ma ha paura: la madre le ripete continuamente che, se non vuole soffrire, deve restare al sicuro tra i sogni e le abitudini dinfanzia.

il modello delladolescente che deve faticosamente staccarsi dalla famiglia per gettarsi nella mischia e affrontare gli altri, sapendo che di sicuro verrà ferita, che senza dubbio i suoi sogni verranno messi alla prova dalla realtà; ma solo così, rischiando, potrà prima o poi essere felice. Certo, il sogno di Rapunzel è molto semplice: desidera vedere da vicino le lanterne fluttuanti che, ogni anno, illuminano il cielo sopra il castello proprio il giorno del suo compleanno. Non sogna di salire sul palcoscenico di Amici e diventare famosa (per fortuna). Eppure cè molto di contemporaneo in questa eroina, che durante la sua fuga dalla torre si tormenta con sensi di colpa e indecisioni (in una delle scene più divertenti del film), rischia di annegare come Rose in Titanic e, alla fine, deve perdere tutto fiducia in se stessa, sogni, amore, libertà e persino i suoi 20 metri di capelli doro prima di agguantare il sospirato lieto fine.
 

D’altro canto, Rapunzel è una storia di formazione che si intreccia con una storia d’amore, perché la scoperta del mondo e dell’altro da sé passa anche attraverso l’innamoramento. E allora ecco Flynn Rider, il ladro ricercato – vivo o morto – dalle guardie del regno per aver rubato la corona, affascinante e sicuro di sé, ironico ed esperto del mondo; Flynn è il contrario di Rapunzel ma, come lei, deve imparare a conoscersi meglio, scoprire il suo vero potenziale e trovare un nuovo sogno. Se all’inizio del film Flynn desiderava “tanti bei soldoni”, alla fine il suo unico obiettivo diventa la felicità della ragazza che ama, per la quale è disposto a sacrificare la sua stessa vita. Romanticismo alla Twilight trasferito nel colorato e morbido mondo disneyano.

Se Rapunzel rappresenta le insicurezze profonde delle adolescenti, Madre Gothel, la donna che l’ha cresciuta e la tiene prigioniera per sfruttare il potere dei suoi capelli, incarna l’ossessione della giovinezza. Personaggio teatrale, sarcastico e un po’ isterico, Gothel rispecchia la donna che non sa invecchiare con stile, non accetta le rughe e dunque è disposta a tutto pur di riconquistare giovinezza e bellezza; ma, in un suo modo contorto ed egoistico, forse vuole bene davvero alla sua “prigioniera”. Insomma, incarna anche il lato negativo, ma reale, di una madre restia a tagliare il cordone ombelicale che la tiene legata alla figlia.

Se vogliamo trovare un difetto al film, il destino di Madre Gothel, che precipita dalla finestra dopo aver perso il suo elisir di lunga vita (i capelli di Rapunzel) senza nemmeno un piccolo pentimento, lascia un po’ di amaro in bocca. È vero che matrigne e streghe cattive nelle fiabe fanno sempre una brutta fine, ma in questo caso si poteva sperare in una punizione meno scontata. 

Eppure lo spettatore alla fine è soddisfatto, ha riso, si è emozionato, si è goduto le scenette comiche costruite intorno ai personaggi animali del film (il cavallo Max e il camaleonte Pascal), ha sentito le canzoni sempre indovinate di Alan Menken (splendido il duetto “I see the light”, “Il mio nuovo sogno”, nella versione italiana interpretato da Laura Chiatti e Massimiliano Alto). E, un anno dopo la Principessa e il Ranocchio, ha avuto l’ennesima conferma che le donne sono sempre le vere protagoniste dei film Disney: spetta a loro trasformare gli uomini in principi…