Puntuale, come ogni anno, a ridosso delle feste natalizie e nel solco di una ormai quasi trentennale tradizione, inaugurata da Carlo Vanzina, arriva nelle sale italiane il cosiddetto Cinepanettone. Protagonista e produttore di A Natale mi sposo è Massimo Boldi, che continua la sua carriera da single, dopo il tanto discusso divorzio dal collega Christian De Sica. Lambientazione del film si apre su uno scenario piuttosto casereccio; una trattoria romana (che prende spunto dalla celeberrima osteria trasteverina Cencio la Parolaccia), dove lavorano un cuoco milanese, Gustavo (Massimo Boldi), e i suoi collaboratori: un ex pugile, Rocky (Enzo Salvi), un lavapiatti, Cecco (Massimo Ceccherini), innamorato delle donne mature; e infine il figlio di Gustavo, Fabio (Jacopo Sarno).
merito di questultimo se linsolita combriccola si ritrova improvvisamente catapultata in unavventura a Sankt Moritz, ricca di imprevisti e situazioni sempre in bilico tra la comicità e la consueta commedia degli equivoci. Nel quadro della lussuosa cittadina svizzera, Gustavo e i suoi si ritrovano ad organizzare il banchetto del matrimonio, combinato, tra Steve, figlio di un banchiere svizzero e Chris, figlia di unereditiera (Nancy Brilli). loccasione, per il cuoco lombardo, di realizzare il suo sogno: diventare uno chef di fama internazionale. Ad organizzare il matrimonio cè una wedding planner deccezione, Paloma, interpretata da Elisabetta Canalis.
I due promessi, però, non sono innamorati luno dellaltra e inoltre, a complicare le cose, Fabio non è disposto a rinunciare a Chris (con cui ha avuto una romantica storia damore tre anni prima). Da questo punto in poi la trama sinfittisce e si susseguono scene dettate dal gusto dellintrigo e del qui pro quo, con episodi che sintrecciano, scambi di coppie e alcuni divertenti imprevisti. Non uno dei migliori; anzi si ha sempre più la sensazione, di anno in anno, che loriginalità e la fresca comicità degli inizi del Cinepanettone scarseggino o debbano addirittura combattere contro la crescente e a volte gratuita volgarità e la sovrabbondanza di un turpiloquio spesso fuori luogo.
Risuonano lontanissime, ormai, le spassose gag dei primi Vacanze di Natale. Jerry Calà nelle vesti di Billo, il pianista sciupa femmine, le lapidarie e sincere affermazioni dell’avvocato Covelli, o le frasi storiche di Donatone (Guido Nicheli). Talmente storiche, da finire sulle stampe di felpe e magliette di molti ragazzi italiani; “fai ballare l’occhio sul timer: Via della Spiga- Hotel Cristallo di Cortina 2 ore, 54 minuti e 27 secondi! Alboreto is nothing!”. La risata qui è assicurata, non perché si tratti di commedia sofisticata, ma perché la caratterizzazione del personaggio (ognuno col suo accento, il suo modo di fare, perbenista o “burino”) è volta a consegnare uno specchio ironico e, certo, non sempre veritiero, ma senza dubbio divertente, delle famiglie italiane; attraversando la penisola da nord a sud e consegnandone un ritratto, o meglio, una caricatura semplicemente comica.
Anche in A Natale mi sposo si ride. Perché Boldi il comico lo sa fare, e anche molto bene. Era perfetto in coppia con De Sica, ma è altrettanto bravo in compagnia dei due personaggi spalla, interpretati da Massimo Ceccherini ed Enzo Salvi. Ma si ride di meno e a volte per inerzia, di fronte al gusto per il doppio senso (un po’ scontato), per scenette di tristi spogliarelli (per altro già visti, in modo identico, vd. Vacanze di Natale ’95).
E forse non ci sarebbe nemmeno bisogno di voler, a tutti i costi, strappare una morale, che è presto detto moralismo; perché in quel miscuglio di tradimenti, di coniugi infelici, e di padri che non sanno nemmeno il nome dei figli, non serve dire che l’amore e i sogni dei giovani trionfano, perché nessuno si accontenta di un artificioso buonismo natalizio, anche se viene da un Cinepanettone. Basterebbe l’intento di far ridere, di ironizzare, raccontando (perché no?) anche qualcosa di bello; rischiando magari di cogliere lo spettatore che esce dalla sala ripassando le battute con gli amici e a vent’anni di distanza le trova sempre divertenti. Vacanze di Natale 1983 fa ancora questo effetto.
(Chiara Bernini)