Randall Wallace, sceneggiatore di Hollywood, ha inaugurato da poco a Milano la quinta edizione del Master in Scrittura e produzione per la fiction e il cinema, realizzato dall’Alta Scuola in Media Comunicazione e Spettacolo dell’Università Cattolica. Wallace è stato sceneggiatore di Braveheart, sceneggiatore e regista di La maschera di ferro e di We Were Soldiers, sceneggiatore di Pearl Harbor. Quest’anno ha diretto il film Secretariat, che vedremo in Italia nel 2011. In esclusiva a ilSussidiario.net Wallace parla del proprio mestiere, la scelta di raccontare storie che riguardano valori eterni e di mostrare al grande pubblico quei personaggi che «mi consentono di esplorare chi voglio essere davvero, come vivere nell’amore, vivere il loro coraggio, avere fede, sperare, cambiare il mondo». Wallace racconta anche la propria amicizia con Mel Gibson e parla del film prossimamente in uscita in Italia, prodotto da Walt Disney: Secretariat.
Randall Wallace, come è nata la sua scelta di divenire attore e regista?
Io credo che nella mia vita il cinema sia sempre stato una cosa molto potente. Quando ero piccolo andavo al cinema e tante volte, uscendo, sentivo che la mia vita stava per cambiare, e mi sono ritrovato ad avere il desiderio di vedere dei film che però nessuno (in quel momento) stava realizzando. E così ho deciso di fare quel tipo di film.
In base a cosa dunque sceglie i soggetti e i temi su cui scrivere?
Io provengo da una tradizione che ha sempre conservato il ricordo della storia, nella parte meridionale degli Stati Uniti. La storia non riguarda esclusivamente il passato, ma è viva nel presente e a me interessano storie che riguardano valori eterni. Così ho voluto raccontare storie sul coraggio, l’onore e l’amore.
Può spiegare meglio cosa significa che la storia non è solo un fatto del passato ma qualcosa che rivive nel presente? Come un racconto storico può essere interessante oggi?
E’ un’ottima domanda. Io non scelgo film ambientati nel passato perché non voglio vivere nel presente, ma perché voglio vivere il presente più profondamente. La storia dà una prospettiva in grado di mostrare alle persone che la nostra vita ora può fare la differenza; la storia permette alle persone di fare esperienza del fatto che il modo in cui viviamo ora rende la nostra vita più intensa nel presente e può cambiare il futuro.
Come, ad esempio, nella sua vita vive i valori di Braveheart come la patria, la tradizione e la fede?
Io non sono “bravo” come certi miei personaggi, anzi talvolta sono debole e confuso come quelli più negativi che descrivo. Scrivo di personaggi ai quali io vorrei assomigliare.
Come dunque il fatto di dirigere film la aiuta a seguire i modelli che ritrae, a diventare l’uomo che vorrebbe essere?
Questi personaggi rappresentano per me un modello e mi permettono di far luce sui miei sogni. Mi consentono di esplorare chi voglio essere davvero, come vivere nell’amore, vivere il loro coraggio, avere fede, sperare, cambiare il mondo. Io scrivo di quelle persone che sono le migliori tra noi.
Com’è stato lavorare con Mel Gibson?
Grazie a lui ho imparato una cosa straordinaria: mentre stavamo realizzando Braveheart ed eravamo in fase di casting, mi disse che gli sceneggiatori scrivono, i registi dirigono e gli attori interpretano a partire dalla loro essenza, dal loro essere uomini. Mi ha inoltre richiamato al fatto che devo prestare attenzione non solo ai personaggi di cui scrivo, ma a chi sono io in quanto uomo. Siamo tutti esseri umani e abbiamo tutti i nostri difetti: ma la grandezza dell’essere vivi è che possiamo tutti affrontare i nostri lati più oscuri e tentare di trovare la luce. Partire dalla propria essenza significa, a partire dalla mia esperienza, che dobbiamo lavorare a partire da ciò che noi crediamo vero e che sceneggiatori, registi e attori sono tutti persone che tentano di trovare la verità della propria esperienza. Se tu per primo non credi a ciò, nessun altro crederà mai.
Tra qualche mese in Italia uscirà Secretariat. Ci racconta qualcosa di questo film? Qual è stata la risposta del pubblico alla sua uscita nelle sale americane?
Secretariat affronta gli stessi temi di tutti i miei film: Braveheart, La maschera di ferro, We Were Soldiers e Pearl Harbor riguardano l’amore, coraggio e sacrificio, ma tutti quanti hanno un risvolto “tragico”. Secretariat, invece, è pura gioia. L’esordio del film ha conquistato un vasto pubblico: normalmente un film raddoppia gli incassi del weekend d’apertura, mentre Secretariat li ha quintuplicati. Il passaparola è stato incredibile: molti lo hanno visto e hanno detto ai loro amici di vederlo a loro volta.
Il film si apre con una citazione dal libro di Giobbe e in più di un’occasione è accompagnato dalle parole di uno spiritual, “Happy day”. A cosa sono dovute queste scelte?
Volevo che questo film mostrasse che l’amore vince, che il coraggio ha un’importanza e che la speranza prevale e ho voluto celebrare la loro vittoria. Nelle mie precedenti pellicole ho mostrato che il coraggio e l’amore possono portare sofferenze e perdite nel conseguire la vittoria: ho voluto che questo film dicesse invece che l’amore, il coraggio e la speranza producono gioia.
Ci parla anche dei suoi prossimi progetti?
Il mio prossimo film sarà Love and honor, che, come Braveheart, è ambientato nel passato. Il protagonista è un americano che è stato inviato in Russia durante il periodo della Rivoluzione Americana.
(A cura di Marco Maderna)