Non ci siamo. Dopo il fiasco de Il cosmo sul comò, Aldo Giovanni e Giacomo hanno toppato di nuovo. Nonostante i numeri dicano altro: 828.879 e 686.066 sono gli euro incassati nel fine settimana appena trascorso rispettivamente da La banda dei Babbi Natale e Natale in Sudafrica.

La notizia del sorpasso del film di Aldo Giovanni e Giacomo, diretti da Paolo Genovese, è fresca, anche se le gag di De Sica al momento complessivamente hanno ottenuto più consensi. E in questa rincorsa dei cinepanettoni verso il primo posto (senza troppi sforzi, visto che a Natale, oltre a essere tutti più buoni, va al cinema anche chi non sa nemmeno cosa sia il grande schermo), ci rattristiamo nel constatare che il cinema italiano sta perdendo di vitalità.

Non si discute di qualità, quanto, nel caso specifico di una commedia, della capacità di far divertire. La banda dei Babbi Natale non fa ridere. O forse, con maggiore probabilità, disattende le aspettative. Che, in fondo, quali sono? Quelle di rilassarsi nella comoda poltrona di un cinema e di farsi due sane risate. Dimenticare per un paio dore che cè un mondo esterno. Certo, una risata diversa da quella proposta da De Sica, che è viscerale, di pancia, che raccoglie i consensi anche di chi è restio al divertimento. Vai a vedere il cinepanettone desicano e sai cosa aspettarti.

Forse, dunque, se opti consapevolmente per La banda dei Babbi Natale è perché cerchi unalternativa valida alle grasse e sguaiate risate di Belen & Co. Forse ti aspetti una commedia decisamente divertente, ma graziosa come lo erano state Tre uomini e una gamba (1997), Così è la vita (1998), Chiedimi se sono felice (2000), Tu la conosci Claudia (2004), tutti per la regia di Massimo Venier.

Qui manca tutto. La risata spontanea (in sala se ne saranno contate tre in due ore di film), mancano i tempi comici, manca il ritmo, la verve scompare in battute banali e scontate. Anche la storia è debole, nonostante la magia del Natale milanese cerchi di sfondare il muro della noia. carina lidea di Aldo, Giovanni e Giacomo arrestati mentre, vestiti di rosso e con barba bianca e mimetizzati tra i pupazzi di Babbo Natale, si arrampicano lungo una grondaia. Lintuizione, se così si può chiamare, finisce lì.

Scambiati per criminali, mentre il loro obiettivo era nobile e romantico, finiscono in commissariato davanti a una Donatella Finocchiaro che, anche lei, non fa ridere. Più che da grande schermo, il film di Paolo Genovese sembra adatto alla televisione. Il personaggio del commissario è piccolo, il vice commissario, poi, è una macchietta mal riuscita e che fa pensare senza dubbio alle caricature della sit-com Belli dentro.

 

Anche la struttura fa pensare più a un prodotto televisivo che cinematografico. L’interrogatorio in commissariato si alterna con flash back – troppi – in cui i tre sospettati raccontano di sé e del motivo per cui sono finiti in gattabuia. Giacomo, un medico affermato e incapace di superare la morte della moglie, ormai scomparsa da dodici anni. Aldo, ottimo cuoco, ma eterno fannullone che riesce a farsi cacciare di casa dalla fidanzata Monica. Giovanni, veterinario sui generis che si sta sfiancando nel tenere in piedi due famiglie, una a Milano e una a Lugano. Una successione di sketch, di comicità di situazione che vorrebbe essere divertente, ma che non lo è né nella gag in sé né nell’intera storia.

 

Aldo, Giovanni e Giacomo hanno perso se stessi, quel modo tutto loro di far ridere, fatto fisicità a tre e di battute a volte prevedibili, ma terribilmente divertenti. Speriamo nel prossimo film, magari non un cinepanettone e dopo una feconda pausa di riflessione.