Se per film ottimista e romantico intendiamo il fatto che lultima scena della pellicola si conclude in modo positivo, allora siamo daccordo con Muccino: senza svelare nulla della conclusione di Baciami ancora, possiamo già dirvi che è certamente meno amara del prequel Lultimo bacio.

Ma se si pensa al tono che pervade tutti i lunghissimi (e interminabili) 130 minuti di pellicola, allora certamente non ha senso definirlo un film romantico e ottimista, forse non ha neanche senso definirlo una commedia. Verso la conclusione del film non può non scapparci un sorriso, ma solo perché siamo, per fortuna, arrivati alla fine e perché ad addolcire lo scorrere dei titoli di coda troviamo larmoniosa melodia della colonna sonora cantata da Jovanotti.

Rispetto a Lultimo bacio siamo davanti a una storia più corale, dove Carlo non è più il personaggio predominante e protagonista assoluto delle vicende, ma solo uno dei quarantenni raccontati dal nostro regista attualmente più famoso oltreoceano. Gli ex trentenni de Lultimo bacio sono cresciuti, invecchiati, ma anche maturati?

Un eterno Peter Pan cè ancora ed è interpretato da Marco Cocci, lex rasta che non sa cosa fare della sua vita e vede nel viaggio e nellevasione dallamara realtà lunica via di fuga. Gli altri compagni di avventura sono come lui infelici, per motivi diversi. Carlo (Stefano Accorsi) ha un lavoro stabile, ma sta divorziando dalla moglie, interpretata da Vittoria Puccini, e non è affatto appagato dalla relazione con una ragazza venticinquenne; Marco (Pierfrancesco Favino) è frustrato dai continui tentativi falliti di diventare padre; Paolo (Claudio Santamaria) vive ancora a casa dalla madre ed è dipendente dagli psicofarmaci, vivendo altalenante tra momenti di esaltazione e attimi di totale disperazione; Adriano (Giorgio Pasotti) torna in Italia dopo dieci anni e deve fare i conti con un figlio che non sa nemmeno che volto abbia il padre e che lo respinge.

Personaggi che sono innanzitutto stereotipi: dal marito padre-padrone con la donna sottomessa, alla moglie che ha una relazione extraconiugale con un ragazzino per finire con il quarantenne di successo, a bordo di unauto sportiva con a fianco la fidanzata venticinquenne.

Lansia esistenziale che caratterizzava i protagonisti de Lultimo bacio cè ancora, non è più dettata dalla paura di crescere, ma dalla consapevolezza dello scorrere inesorabile del tempo. Questi personaggi sembrano pronti ad assumersi le proprie responsabilità e a maturare, ma vivono nel costante rimpianto di ciò che erano, nel rimorso di ciò che hanno o non hanno fatto e di come sono arrivati allinfelicità di oggi.

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Dal punto di vista della regia l’esperienza americana ha sicuramente influenzato positivamente Muccino che, in questo film più che nei precedenti, ha un suo stile chiaro e coerente: molta macchina a mano, un utilizzo quasi fisico della cinepresa, che gli consente di stare dentro la scena, direttamente nell’azione e a contatto con i suoi protagonisti. Uno stile che è stato definito da alcuni nevrotico e forse proprio in questo aggettivo sta tutta la chiave del film: non solo la regia è nevrotica, ma lo è fondamentalmente tutta la storia.

 

E allora il principale problema dei film targati Muccino non sta tanto nelle scelte registiche, ma proprio nelle storie raccontate (non a caso i film “americani” erano da lui diretti, ma non sceneggiati). Sembra che il regista romano, quando deve raccontare dei suoi connazionali, non riesca a tratteggiarli in modo positivo, ma li descriva tristi, insoddisfatti, inquieti. Ma i quarantenni italiani sono davvero tutti così depressi, infelici, dipendenti dallo psicanalista?

 

Un film “sul ciglio”, caratterizzato da diverse scene recitate sull’ingresso di casa, accanto alle porte, forse a indicare l’indecisione dei protagonisti a varcare quella soglia, a prendersi le proprie responsabilità e a essere felici. Ma i protagonisti di Baciami ancora alla fine sono davvero felici?

 

Il dubbio è lecito e più che mai giustificato. Se è vero che alla conclusione del film arrivano a un momento di gioia e di serenità, il problema è nel percorso che li porta verso questa felicità. Sarà solo la paura della malattia e dell’invecchiamento e la consapevolezza che siamo tutti destinati a morire a far riavvicinare Carlo e Giulia.

 

Ma il loro è amore eterno, è amore vero? Se li incontrassimo tra dieci anni li troveremmo ancora felicemente insieme? La tagline del film “La storia di tutte le storie d’amore” direbbe di sì, ma preferiamo lasciare agli spettatori la risposta.

 

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Trailer fornito da Filmtrailer.com