Elisabetta dAustria, meglio conosciuta come Sissi, è una Cenerentola al contrario, che incontra la matrigna dopo aver conquistato il principe azzurro e scopre che il mondo straordinario in cui viene catapultata con il matrimonio, non è affatto la culla della felicità. La storia non è mai del tutto oggettiva e, in certi casi, la fantasia resta più impressa della realtà.

Così è successo con Sissi, imperatrice dalla vita tragica e infelice, ma traslata nellimmaginario collettivo come la protagonista di una fiaba ottocentesca: merito e colpa dei celebri film degli anni Cinquanta interpretati dalla splendida Romy Schneider, la cui Sissi è rimasta nel cuore e negli occhi degli spettatori fino ai nostri giorni.

Oggi, una nuova versione della storia arriva sugli schermi televisivi nella forma di una miniserie di firma austriaca (il regista Xaver Schwarzanberger), tedesca e italiana (Rai e Publispei), con Cristiana Capotondi nel ruolo che allora fu della Schneider: unimpresa ardita ma affascinante, che vuole rispettare la cornice fiabesca del primo incontro tra la principessa bavarese e il giovane imperatore Francesco Giuseppe, evidenziando allo stesso tempo gli aspri contrasti di corte.

Proverbiale è infatti lo scontro di caratteri tra Elisabetta, autentico spirito libero, e larcigna suocera, lArciduchessa Sofia, paladina della rigida etichetta di corte: la ribellione di Sissi si riflette in quella di altre principesse moderne una su tutte, Lady Diana Spencer.

 

Nella prima puntata della miniserie, due cose sono subito chiare: primo, che Cristiana Capotondi – a differenza di altre attrici che le recitano accanto – è convincente, ingenua, appassionata, ribelle al momento giusto; secondo, che la parte romantica cede presto il passo al tema politico, nel clima di scontento che regnava tra il popolo, in rivolta contro il dominio asburgico. Elisabetta e Franz hanno due visioni opposte del ruolo del governante: Sissi ragiona in modo moderno, “democratico”, antitetico a quello tradizionale delle monarchie assolute, che vedevano il popolo come una massa da dominare, anche con la forza.

 

Questo è forse l’aspetto più interessante della miniserie, che cerca di spostare l’attenzione dalla favola alla realtà; non a caso la prima parte si chiude con la visita della famiglia imperiale in Ungheria, il punto caldo dell’impero asburgico, focolaio di rivolte e richieste di indipendenza. E proprio qui muore la primogenita Sofia, lasciando la madre lacerata dal dolore.

 

Si intersecano così le due linee, pubblica e privata, che vedono Sissi crescere come donna, affrontare gli aspri contrasti con la suocera, i problemi politici e le tragedie personali, che trasformano la vita ottenuta con tanta facilità (amore a prima vista, matrimonio “rubato” alla sorella) in una storia non a lieto fine.

 

La fiaba, infatti, si capovolge nella vicenda della sfortunata imperatrice che, nella realtà, soffrì di depressione, attacchi d’ansia e anoressia, più simile a una tormentata eroina moderna che a Cenerentola.

 

 

 

 

D’altra parte, nessuno sa cosa accadde alla proprietaria della scarpetta di cristallo dopo il matrimonio con il principe: forse anche lei, a confronto con le responsabilità del matrimonio e le insidie della vita di corte, avrà rimpianto la soffitta in cui poteva sognare nonostante tutto. Di certo, Sissi pagò cara la sua breve illusione di felicità, vivendo prigioniera di se stessa, prima ancora che dei rituali di corte. E la libertà che non riusciva a trovare nella sua vita, non la vedeva realizzarsi nemmeno nella società dell’epoca.

 

In una lettera del 1890, scrisse, inconsapevole profetessa dei tempi a venire: “Anche fra sessant’anni, la felicità e la pace ovvero la libertà continueranno a non essere di casa su questo nostro piccolo pianeta così come non lo sono state ai miei tempi. Forse lo saranno un giorno in un mondo diverso. Oggi non sono in grado di dirlo”.