Scrittura e detection come il pane e la nutella: stanno bene insieme. Lo dimostra il successo di una serie da poco nata in casa HBO, Bored to death, che dopo soli 8 episodi prodotti per la prima stagione è stata confermata per un secondo anno. Di certo non è il primo protagonista telefilmico che da scrittore si improvvisa detective: tutti sappiamo chi è la mitica Jessica Fletcher, la signora in giallo più famosa del piccolo schermo.

Magari qualcuno conosce anche il più moderno e recente investigatore protagonista di Castle, telefilm in onda su Raidue la domenica sera. Ma probabilmente pochi avranno avuto modo di incontrare Jonathan Ames, il protagonista di Bored to death, detective per noia.

Forse più che per noia dovremmo dire detective per ispirazione perché il nostro Jonathan (caso alquanto curioso, lideatore della serie ha dato il suo nome al protagonista) si improvvisa investigatore privato mettendo un annuncio on-line. appena stato lasciato dalla ragazza, che se nè andata abbandonando sul luogo del delitto un armadio che senza i suoi abiti è ormai privo di vestiti, e davanti al suo Mac, mentre sorseggia del vino bianco da una tazza, non sa come iniziare il suo secondo romanzo.

E così si ispira ad uno dei suoi autori di gialli preferiti, Raymond Chandler, e con un annuncio su craiglist (il sito più noto in America per inserzioni inerenti agli ambiti più disparati) diventa detective.

Di certo ha poco in comune con la cara signora Fletcher: il suo primo incarico non è un successo e il pilot fa pensare che di casi risolti, nelle prossime puntate, ce ne saranno davvero pochi. Perché Jason è un investigatore anticonvenzionale, non è un eroe, bensì lantieroe per eccellenza. Intanto non ha di certo il physique du role (basta guardare una foto dellattore Jason Schwartzman per capire il perchè).

 

È ebreo e questo lo fa identificare immediatamente con tutta una serie di personaggi che incarnano il classico stereotipo ebraico dello shlemiel (ovvero lo “sfigato”, Woody Allen insegna). È un loser, un perdente, come lui stesso afferma davanti al migliore amico Ray (ottimamente interpretato da Zack Galifianakis, visto recentemente al cinema nel demenziale Una notte da leoni). Un amico loser quanto lui, che aspira a fare l’artista, ma non fa che disegnare vignette da pubblicare on-line, ispirate a sé e ai suoi compagni di sventure.

 

E il povero Jason non è un eroe neanche in quei fumetti, dove viene rappresentato come un banalissimo psicologo. Inoltre non è noto che tipo di romanzi scriva il nostro detective per noia, ma probabilmente non sono del genere investigativo perché si capisce che il metodo deduttivo e l’analisi delle prove non sono proprio pane per i suoi denti.

 

E dimenticavo… siamo a New York, ma dall’altra parte del ponte, a Brooklyn, e di certo non per una scelta di stile.

 

Così ne esce una serie godibile, ironica, che non ha paura di essere politically uncorrect scegliendo come protagonista un ragazzo che viene lasciato dalla fidanzata per la sua dipendenza da alcool e droga (d’altronde è targata HBO, il canale americano via cavo noto per i suoi prodotti liberal come Sex & the city, I Soprano e il recente True Blood).

 

Una serie che sicuramente non farebbe ottimi ascolti sulla tv generalista italiana, ma che rispecchia in pieno il target di FX che con il recente restyling mira a un pubblico giovane, esigente e sofisticato. Sicuramente non un telefilm all’altezza di quelli dei tempi d’oro della HBO, ma se cercate un prodotto divertente, ben recitato e perfetto per trascorrere una divertente mezz’ora sintonizzatevi stasera su FX (canale 119 di Sky) alle 22.45 per la seconda puntata.