Tommaso ha tre segreti: è laureato in lettere e non in economia e commercio, vuole fare lo scrittore ed è omosessuale. Obbligato a tornare nella natia Puglia per firmare alcuni contratti dell’azienda che gestiscono il padre e il fratello, decide di rivelare ai suoi familiari i tre segreti di cui loro sono all’oscuro.
Accade però che, poco prima della sua rivelazione, suo fratello riveli inaspettatamente la sua omosessualità, provocando al padre un forte malore. Quando il fratello abbandona la città, Tommaso è costretto a rimanere al fianco di suo padre, della sua famiglia e dei suoi segreti rimasti tali.
Non è un caso che il nuovo film di Ozpetek sia ambientato in Puglia e non nella amata Roma, dove il regista ha girato gran parte dei suoi film. La Puglia in questo ultimo decennio si è costruita un immaginario cinematografico ben preciso, grazie soprattutto alla descrizione ossessiva che ne ha fatto Sergio Rubini nei suoi film da regista, capace di dare alla regione un’identità di Terra del Ritorno, proprio come accade anche in Mine vaganti.
Già con Saturno contro, Ozpetek dimostrava la voglia di staccarsi dagli appartamenti descritti nei film precedenti e al contempo trovava finalmente la voglia di giocare anche con le immagini e non solo con la storia e i personaggi.
Mine vaganti conferma questa evoluzione nel cinema del regista di origini turche, che si fa apprezzare per la bella fotografia di Maurizio Calvesi e per una regia dinamica e visivamente interessante, che trova negli avvolgenti carrelli intorno ai tavoli una chiave stilistica valida e funzionale al racconto.
Dove il film stupisce è però nella costruzione maniacale di un equilibrio tra dramma e commedia. Grazie anche alla penna di Ivan Cotroneo (co-sceneggiatore del film), Ozpetek accantona inaspettatamente la formula del melodramma per prediligere i toni di una commedia agrodolce che non ha però il timore di affrontare di petto i toni drammatici dei conflitti familiari. Qualcosa nella sceneggiatura non funziona del tutto (come il flashback che apre e chiude il film), ma in generale la prova è superata, merito dei buoni dialoghi e di una struttura del racconto convincente.
Il risultato è più che buono, grazie anche alle performance degli attori, su tutti Riccardo Scamarcio (ma ormai ci eravamo accorti delle sue capacità) e di Nicole Grimaudo, che finalmente ha la possibilità di mettere in mostra le sue doti. Dopo il brusco passo falso di Un giorno perfetto, Ferzan Ozpetek ritorna ai temi a lui cari, dimostrando di avere ancora non solo qualcosa da dire, ma anche la voglia di cercare nuove strade e nuove modalità per raccontare le sue storie.