Jane Austen e il cinema hanno un rapporto speciale, unalchimia che pochi altri autori del passato possono vantare. Lo dimostra la più recente versione di Orgoglio e Pregiudizio firmata da Joe Wright, che riporta in auge la storia damore tra Elizabeth Bennet e Fitzwilliam Darcy, prototipo delle migliori commedie romantiche.

Una ragazza intelligente, brillante, e nullatenente si innamora di un gentiluomo introverso, ricchissimo e snob. Un sogno impossibile, se i due amanti sono giovani inglesi di fine Settecento, quando sposare qualcuno di una classe inferiore non era unopzione contemplata né dal buon senso, né dalla società.

Elizabeth e Darcy trovano una via: inizialmente schiavi delle convenzioni sociali (lui) e dei pregiudizi verso i ricchi altezzosi (lei), dopo equivoci e incomprensioni imparano a leggere oltre le barriere, tra le pieghe dellanima, cedendo finalmente allamore che non soffre regole.

Pur essendo profondamente radicati in temi, abitudini e linguaggio della società inglese a cavallo tra Sette e Ottocento, i romanzi della scrittrice inglese si prestano benissimo a diventare film che piacciono ai giovani moderni: come Shakespeare insegna, lamore funziona sempre e Jane Austen lo racconta in tutte le sue sfumature, con lacume, la passione e lironia di una grande e sensibile osservatrice. Se poi si affida la sceneggiatura a Emma Thompson e si scelgono interpreti come Kate Winslet (in Ragione e Sentimento) e Keira Knightely (in Orgoglio e Pregiudizio), è difficile sbagliare.

 

Il film di Wright ha la grazia, il fascino e la forza di un quadro. Le scene in cui Elizabeth è sola sulle scogliere, una figuretta esile stagliata contro la natura maestosa, e poi cammina alla luce dell’alba, sono i corrispettivi cinematografici (chissà se voluti) di due celebri dipinti di Caspar Friedrich, pittore romantico tedesco.

 

Il regista riesce a interpretare lo spirito di un’epoca, alternando impeti romantici ad affondi realistici, fino a mostrare le oche, i maiali, le uova, il disordine del cottage in cui vive la famiglia Bennet e le sorelle annoiate in soggiorno, senza niente da fare. I due interpreti principali, la Knightely e Matthew Macfadyen, si scontrano in schermaglie continue e crudeli, in un crescendo di tensione emotiva che cattura anche i ventenni e i trentenni di oggi, che sanno come l’amore nasca spesso da un apparente disprezzo; perchè la persona amata ci mette in discussione, ci costringe a fronteggiare orgoglio e pregiudizi e rivisitare le nostre idee sulla vita e su noi stessi.

 

Ai tempi di Jane Austen, un buon matrimonio era l’unica chance per assicurarsi un degno futuro e la stima degli altri (genitori, parenti e società): l’ingombrante signora Bennet, magistralmente interpretata da Brenda Blethyn, sembra eccessiva nel suo desiderio di accasare le figlie, ma è mossa dal sacro terrore di ogni genitore senza solide eredità di vedere la prole finire in miseria. In questo gioco d’affari, l’amore non era contemplato, perciò Elizabeth è un personaggio rivoluzionario, scandaloso, quando afferma: “Solo il vero amore potrà condurmi al matrimonio, ragion per cui morirò zitella”. Tema anacronistico?

 

 

 

 

Per nulla, se si pensa al ritorno dei matrimoni d’interesse nell’attuale periodo di crisi economica e sociale: la piccola borghesia ha perso l’entusiasmo, il potere e l’intraprendenza di un tempo e i nuovi ricchi (magnati della Tv, calciatori, imprenditori, attori, politici) appaiono come l’ancora di salvezza per evitare di trascorrere la vita tra un lavoro sottopagato e l’altro.

 

Ben vengano le eroine romantiche dunque, meglio ancora se ribelli e femministe come Elizabeth: anche se, alla fine, il ricco, bello e intelligente gentiluomo se lo sposa eccome. Ma solo per amore.