Cosa ci manca, cosa ci serve, cosa cerchiamo, se in più di 7 milioni – più di Amici, più del Grande Fratello – ci incolliamo per lennesima volta davanti al video per goderci il racconto di Sissi, giovane imperatrice austriaca, consorte di quel Francesco Giuseppe che alle elementari ci hanno insegnato a vedere come il più acerrimo persecutore dei padri del nostro Risorgimento?
Lo so che anche quella era una favola, che le cose non stavano proprio così e che Cecco Beppe lasciò unorma di buon governo e di rimpianto in larghe parti dItalia. Ma la nostalgia, in questo nostro presente così confuso e volgare, vuole volgersi ancora a quel tempo perduto di monarchi tristi ma eleganti, di palazzi meravigliosi e balli splendidi, di guerre sanguinose ma onorevoli. Cosè che cerchiamo, in questo profumo di vecchia Europa romanzata in versione popolare, in questa storia con la S maiuscola e minuscola ambientata là dove essa effettivamente si svolse più di 150 anni fa?
Per capirlo facciamo un passo indietro. A metà degli anni Cinquanta del secolo scorso il mito-favola di Sissi fu incarnato da una bellissima e giovanissima Romy Schneider diretta, sceneggiata e prodotta da Ernst Marischka. Il regista austriaco trasse i tre film dalloperetta da lui stesso scritta pochi anni prima, e reduce da grandi successi teatrali. Facciamo mente locale: è lAustria che nel 1955 sta salutando le truppe di occupazione straniera che per dieci anni lhanno punita dellentusiastica adesione del 38 al sogno di potenza del suo compatriota Adolf Hitler.
E unAustria umiliata, ferita, che guardando al suo grande passato imperiale, agli Asburgo, può sognare di ritrovarsi ancora integra e gloriosa. A livello popolare i tre dolci, romantici, elegantissimi e storicamente quasi plausibili film di Marischka riempiono un vuoto, sono lalternativa ai miti hollywoodiani che invadono limmaginario del vecchio continente.
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Nell’Italia neorealista di quegli anni – pur Romy Schneider doppiata dalla fantastica voce di una giovane Maria Pia di Meo – non lasciano il segno, ma quando nelle estati degli anni ’80 a qualcuno viene in mente di rimandarli in tv ridoppiati a cura di Oreste Lionello, è subito boom. Scatta di nuovo la nostalgia, in quell’Italia “da bere” neoromantica e stanca dei lunghi anni di piombo. E la Rai continua a rimandarli tante e tante volte, fino a renderli visione abituale all’arrivo della bella stagione.
Oggi la miniserie internazionale in due puntate di Raiuno, coprodotta dalla Publispei di Carlo Bixio (Un medico in famiglia, Tutti pazzi per amore, I Cesaroni) è interpretata da una dolcissima, seppur vocalmente immatura, Cristiana Capotondi. La favola continua, pur con le modernizzazioni del caso. Spiegano i due sceneggiatori Ivan Cotroneo e Monica Rametta «Non è l’Imperatrice delle biografie storiche, e nemmeno il personaggio da favola dei film di Marischka».
«È una donna forte ma capace di innamorarsi come un’adolescente. Una madre che sa capire quale sia il bene dei figli contro tutte le regole del suo tempo e della sua posizione. Una donna politica che con la sua intuizione e modernità salva il destino di un Impero».
Insomma, pur nella semplificazione d’obbligo che impone la fiction televisiva di massa, Sissi continua a rispondere al nostro bisogno di fuga dal presente. Ma ci sarà prima o poi un racconto televisivo che saprà raccontarci, e trovare quel poco di buono che anche i nostri tempi confusi portano con sé?