La mia compagna di classe delle superiori Carolina è stata per me la più grande alleata nella lotta contro chi mi prendeva in giro perché guardavo i cartoni animati. Ci univa questa passione comune. Una passione che alla nostra età aveva certo bisogno di una seduta psicoterapeutica. Io per la sindrome di Peter Pan e lei per doppia personalità.
Durante uno dei compiti in classe di inglese siamo stati sbattuti fuori dalla classe perché ci passavamo dei bigliettini. In apparenza una cosa normale, solo che nei pizzini che ci scambiavamo non cerano le soluzioni della verifica, ma una serie di disegni e commenti ispirati alla nostra eroina preferita di allora.
La professoressa non ha voluto ascoltare le nostre scuse e, quellanno, siamo arrivati alla maturità sul filo del rasoio. Però preparatissimi in Astronomia. E la principale responsabile di tutto questo era Sailor Moon!
Naoko Takeuchi, la creatrice della guerriera vestita alla marinaretta, a metà degli anni 90 era una delle mangaka – le disegnatrici di manga – più famose al mondo. Usagi Tsukino, in Italia Bunny e per tutti Sailor Moon, conoscerà momenti di gloria e accuse degne di una satanista violenta e con problemi di identità sessuale.
La prima volta che ho visto in azione le guerriere Sailor non mi sono entusiasmato: sembrava lennesimo anime giapponese che ricalcava al femminile I Cavalieri dello Zodiaco, I Cinque Samurai con un tocco delle Tartarughe Ninja. Man mano però la serie prendeva una sua connotazione, ogni Sailor assumeva un carattere ben definito e il successo sembrava inarrestabile.
Le ragazze sidentificavano in tutte le protagoniste: dalla colta Sailor Mercury alla bella Sailor Venus, dalla combattiva Sailor Mars alla fortissima Sailor Jupiter. I ragazzi invece sinnamoravano della pasticciona Sailor Moon e a volte, ahimè, volevano indossarne i costumi.
Cinque serie televisive, tre lungometraggi animati, un musical e un telefilm con personaggi in carne e ossa (e qualcuno di peluches). Bambole e bacchette magiche vendute come il pane, fumetti andati a ruba e artbook a prezzi stellari. Sailor Moon fu un treno che macinava soldi e ancora adesso il suo successo non subisce battute darresto.
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La storia narra le avventure della giovanissima Bunny, reincarnazione della Principessa della Luna. Un giorno come tanti, la ragazzina salva dalle grinfie di tre teppistelli una gattina con una macchia a forma di Luna sulla fronte. La gatta riconosce in lei la potenziale eroina Sailor Moon e le dona così dei poteri magici: spille, scettri, cristalli argentati, penne lunari… mancava l’aspirapolvere stellare e anche le casalinghe sarebbero entrate di diritto a far parte del fan club delle Sailor.
Episodio dopo episodio la guerriera che veste alla marinaretta incontrerà le sue compagne d’avventura, ognuna con un pianeta come simbolo. Nella prima serie conosceremo: Ami Mizuno, l’irreprensibile studentessa dai capelli blu meglio nota come Sailor Mercury; la sacerdotessa scintoista Rei, alias Sailor Mars; la bionda e avvenente Minako (Marta in Italia), Sailor Venus; la prorompente Makoto (Morea) Sailor Jupiter; infine il misterioso Mamoru (Marzio) in arte Milord, fidanzato di Bunny e futuro Re della Luna. Insieme uniranno i poteri per sconfiggere la Regina Metallia, la sua adepta Berillia e tutti gli scagnozzi al seguito.
Un finale da Armageddon quello della prima serie: Sailor Moon distruggerà il nemico grazie al sacrificio delle sue amiche che riuscirà poi a riportare in vita, ma facendo perdere la memoria del loro passato di paladine della giustizia. Una serie che si conclude meritando applausi per il suo gusto comico, romantico e narrativo. Ma l’intossicazione da Sailor era appena iniziata.
In Italia, come sempre, ci fu lo zampino di qualcuno che iniziò a scucire e riadattare la serie. Passi che i nomi giapponesi proprio non piacciano a nessuno che si occupi di adattamento televisivo, ma perché chiamare un personaggio Ubaldo? Se anche si tratta di un personaggio stupido e goffo, non deve avere per forza un nome ridicolo o che ricorda antenati da tempo defunti.
Non ho mai capito questa cosa di svilire aspetti della cultura giapponese presenti nei cartoni animati. E non credo confonda o destabilizzi i bambini sentire nomi come Akira, Madoka o Kyoko, tanto meno dopo che in televisione erano apparse serie come Fantaghirò dove i protagonisti avevano nomi davvero difficili da ricordare.
Anche i titoli delle serie erano stucchevoli e dal gusto dolciastro. Uno su tutti “Petali di Stelle per Sailor Moon”. Mai capito l’accostamento, visto che sulle stelle non ci sono fiori! Ma non facciamo polemica, ormai quello che è fatto è fatto. Diamo a Cesare quel che è di Cesare e ridiamo ai vecchi cartoni la loro vera identità. E pare proprio che sia così: dopo un’assenza di parecchi anni, le guerriere Sailor sono tornate in tv senza censure. Dapprima sul canale Hiro del digitale terrestre e, probabilmente da ottobre, dovrebbero approdare anche su Italia Uno.
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Si mormora che oltre alla serie tv ci sia interesse a commercializzare prodotti con il marchio di Sailor Moon, sperando nello stesso successo avuto con Dragon Ball. Mi chiedo allora se arriveranno qui in Italia anche il musical e il telefilm con le attrici giapponesi combinate come delle mascherine di carnevale. Se cult dev’essere che cult diventi! Dopo il musical delle Winx e il telefilm di Kiss me Licia, perché alle guerriere Sailor non dovrebbe toccare la stessa sorte?
Negli anni di maggior successo dell’anime, la casa produttrice americana Toon Makers, propose un remake occidentale della serie giapponese, metà animato e metà recitato da attori veri. Peccato che il risultato fu davvero imbarazzante e la scelta di mettere un personaggio in carrozzina di gusto e opportunità molto discutibili.
Se ancora vi state chiedendo cosa precisamente ci fosse scritto nel biglietto che ho scritto alla mia compagna eccovi accontentati: «Cara Carolina, è impossibile che nella quinta serie di Sailor Moon dei maschi si trasformino in donne, tantomeno nelle loro sorelle gemelle defunte chissà dove. Secondo me ti stai sbagliando, vedrai che è stato rimontato tutto per renderlo meno scandaloso. In effetti il tema transgender mi sembra un po’ fortino per i bambini».
Non avevo poi così torto. Nella quinta serie – e solo nella versione animata – appaiono tre nuove guerriere, le Sailor Starlight, che in vesti ufficiali sono tre giovani cantanti maschi, ma al momento della trasformazione cambiano effettivamente sesso! Il Moige urlò allo scandalo e su tutti i giornali scoppiava la diatriba Sailor Moon.
La militante dell’allora partito AN e psicologa, Vera Slepoji accusò l’anime di indurre i bambini a un comportamento omosessuale. Strano non si fosse accorta che nella terza serie “Sailor Moon e il cristallo del cuore”, nonostante il tentativo di cancellarne tutti i riferimenti espliciti, il legame d’amore saffico fra le guerriere Sailor Uranus e Sailor Nettuno era molto ben intuibile. Non a caso un episodio si intitolava: “Maschio o Femmina?”. Che confusione!
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Ma Carolina e io non ci sentivamo per nulla turbati né invitati a ripensare le nostre preferenze sessuali. Semplicemente ci litigavamo le figurine, ridevamo dei siparietti comici e il nostro commento più severo alle presunte scene omo era: «Che birichine!».
In effetti la serie Sailor Moon è un po’ il regno di Saffo: i maschi sono spesso perdenti, sacrificabili o verdure da contorno. E il femminile regna sovrano sui gesti, sul gusto, sui colori e sulle emozioni. Perché scandalizzarsi tanto?
Per una volta che le donne prendono il comando e salvano il mondo senza che intervengano il solito Bruce Willis o qualche antico Robot, mettiamoci comodi in poltrona e gustiamoci queste pin-up pronte a tutto.
(Gabriele de Risi)