Un drama dalle tinte fantascientifiche, a metà tra X-files, The Twilight Zone e Dark Angel: Fringe, serie Tv prodotta dal maestro JJ Abrams e giunta in America alla seconda stagione, si lancia nellesplorazione dei misteri a cui la scienza canonica ancora non ha dato unanime risposta, approdando addirittura alla teoria degli universi paralleli.
Sulla falsariga di Lost, la storia prende il via da un tragico incidente aereo; le indagini portano lFBI a disvelare il cosiddetto schema, ovvero una serie di terribili eventi che coinvolgono il bioterrorismo e non sembrano avere una spiegazione normale. Olivia Dunham, algida agente dedita al lavoro, si trova a collaborare con Walter Bishop, un autentico scienziato pazzo, una sorta di Einstein dei nostri giorni che, dal suo laboratorio-base di Harvard, ci guida alla scoperta della scienza di confine (the fringe science): mutazioni genetiche, teletrasporto, rianimazione fino al viaggio negli altri mondi. Ce nè abbastanza per un altro complicatissimo puzzle alla Lost.
In realtà, JJ Abrams stesso aveva dichiarato che la serie non sarebbe stata complicata come la precedente, anche se dal piccolo genio made in USA non ci si può mai aspettare un prodotto da guardare distrattamente mentre si lavano i piatti. Il pilot, in effetti, non lascia indifferenti: come già in Alias, la vita della protagonista viene completamente stravolta nel giro di pochi minuti, favorendo limmediata empatia da parte del pubblico; Olivia è un personaggio complesso, con nodi irrisolti, un rapporto quasi morboso con il lavoro e, naturalmente, una disastrosa vita sentimentale.
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Collabora con una coppia potenzialmente ricca di conflitti e tormenti – Bishop e suo figlio Peter, maestro di truffa, ostile al padre e vittima di un mistero che non è il caso di anticipare. Ma questi personaggi avranno la grandezza e la profondità dei loro antecedenti in Alias e Lost?
Rimandiamo il giudizio a dopo la trasmissione italiana (in enorme ritardo rispetto agli USA), ma il consiglio è di non aspettarsi l’intensità emotiva a cui eravamo abituati: come in tanta fantascienza, gli elementi “alieni”, a volte parecchio raccapriccianti (Fringe è una serie da consumarsi lontano dai pasti), prendono il sopravvento sul resto.
Per ora, basti dire che il telefilm sembra attingere in qualche modo all’intrigante tema del doppio, già al centro di molta letteratura americana da Edgar Allan Poe (qualche elemento horror sopravvive anche in Fringe) a Henry James. Nel caso della nostra serie, il tema perde le connotazioni più gotiche e letterarie per avvicinarsi alla fantascienza, trasferendo il “doppio” dal mondo dei fantasmi e della psicanalisi agli esperimenti paranormali e all’ipotesi degli universi paralleli.
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Fringe è un esperimento a sua volta, soprattutto per Italia 1 che la trasmette a un anno e mezzo dal debutto americano (la serie è andata in onda negli USA a partire dal 9 settembre 2008), lanciandosi nella sfida contro l’altra rete giovane, Rai Due, su cui si è sono sempre viste in chiaro Alias e Lost.
L’interesse per Fringe è stato alto fin dall’inizio, nutrito dalla promessa di riprendere le tematiche e i meccanismi del mitico X-Files e catturare dunque i fan orfani della serie sci-fi: un’eredità pesante, visto che le vicende degli agenti Mulder e Scully sono andate in onda con successo per ben nove anni.
Roberto Orci, executive producer della serie, ha dichiarato di aver sempre voluto produrre uno show in cui fossero protagonisti dei geni impegnati nella soluzione di casi problematici; vedremo se questi geni conquisteranno la loro fettina di visibilità nella seconda serata di Mediaset.