difficile adattare (bene) i libri fantasy. Ci sono riusciti Wolfgang Petersen con La Storia Infinita, Peter Jackson con Il Signore degli Anelli; Chris Weitz non ha avuto lo stesso intuito con La Bussola dOro. Tratto dal romanzo di Philip Pullman, il film ha una splendida resa visiva, incanta con le panoramiche delle lande desolate del profondo Nord e con le luci dellaurora boreale, e può contare su attori del calibro di Nicole Kidman e Daniel Craig; eppure, non riesce a coinvolgere.
Il libro, che è solo il primo capitolo di una saga dal titolo Queste oscure materie, è un fantasy molto particolare, più apprezzato dagli adulti che dai bambini. Prende spunto dalla teoria degli universi paralleli per inventare una storia ambientata in un mondo simile al nostro eppure diverso, in cui ogni essere umano ha accanto a sé un daimon (allusione alla teoria socratica dello spirito guida che incarna lautentica natura dellanima umana) in forma di animale; un mondo in cui al Circolo Polare Artico vivono clan di streghe dalla vita lunghissima e orsi corazzati, e il Magisterium è una potente istituzione dagli intenti assai poco onorevoli.
Il film si apre su unambientazione harry-potteriana mostrandoci la protagonista, Lyra, una bambina dallaria un po selvaggia, allinterno dei maestosi edifici gotici dellOxford College; tuttavia, lunica magia di Lyra è contenuta in una bussola doro, che le permette di conoscere ciò che è nascosto. Furba e ribelle, la ragazzina si lascia irretire dalla perfida e bellissima signora Coulter (la Kidman) per poi fuggire e imbarcarsi in una spedizione verso il Nord, dove stringerà amicizia con un possente orso corazzato dal passato oscuro e il carattere leale.
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Sullo sfondo ritroviamo la classica battaglia tra bene e male, giocata sui binomi innocenza/colpa e libertà/condizionamento. L’obiettivo della Coulter e della sua setta è quello di privare i bambini del daimon, impedendo loro di sviluppare una personalità indipendente: nell’epoca dello strapotere di pubblicità e mass media, che determinano subdolamente i pensieri e le scelte dei ragazzini (e degli adulti), il tema che emerge è inquietante e profondamente attuale.
In realtà, nel romanzo il riferimento non era ai mezzi di comunicazione, ma alla Chiesa: l’allusione esplicita al rifiuto della religione organizzata e le velate somiglianze con la dottrina cattolica sono state motivo di controversia e polemica, tanto che la casa di produzione del film, la New Line, ha voluto eliminare tali riferimenti nella versione cinematografica. Per quanto smussata e ripulita, però, la storia ha suscitato critiche esplicite da parte del mondo cristiano, ragion per cui sarebbe stato più rispettoso giocare in modo diverso la sistemazione in palinsesto ed evitare di trasmettere il film in Tv il venerdì santo.
Certo, La bussola d’oro resta uno spettacolo visivo ricco e sontuoso, condito da sequenze spettacolari e avventurose e come tale va goduto dal pubblico, che apprezzerà comunque il carattere limpido e coraggioso della protagonista, disposta a tutto per aiutare gli amici, paladina dell’innocenza e della libertà contro la corruzione di molti adulti.
Peccato che Weitz, come si è visto anche in New Moon, ami troppo gli effetti speciali e le scene action (la sequenza della lotta tra gli orsi è spettacolare, ma andrebbe risparmiata ai bambini) a scapito dell’approfondimento psicologico dei personaggi. I protagonisti meritavano più sfaccettature e tormenti, soprattutto nel complesso e affascinante rapporto con il proprio daimon, con cui Pullman ha riportato in auge un celebre capitolo di filosofia antica: Socrate in un fantasy, questo è il colpo di genio del romanzo. Ma del film, confessiamolo… resta più impressa la corsa mozzafiato di Lyra in groppa all’orso, sulle lande innevate, sotto il cielo squarciato dalla luce dell’aurora boreale.